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“Il Dio alieno della Bibbia” terrore e tremore della Chiesa – PARTE I


Tra gli scritti più affascinanti della storia, l’Antico Testamento biblico si trova sul podio. Uno scritto enigmatico, ricco di intrighi, passioni, guerre e cataclismi, in cui le fila della trama vengono mosse dal famoso Yahweh, il Dio ebraico, il nostro Dio. La storia di un popolo, il popolo ebraico, attraversata dai secoli, dove incesti, omicidi, tentati omicidi e guerre invadono il tempo, mentre punizioni spietate e Angeli del Signore portano morte e distruzione. Yahweh affascina e spaventa al tempo stesso, è un personaggio misterioso “Colui che è”, criptico, arrogante e crudele.
Non è un caso la celebre frase “L’ira di Dio”, che prende spunto proprio dalle azioni compiute dal nostro Dio.
Una divinità alquanto strana, un condottiero votato alla guerra più che un amorevole padre che dispensa premi e doni.
Su di lui, uno dei testi che più mi ha colpito e che analizza nel dettaglio questo essere dalle doti divine e terribili, è “Il Dio alieno della Bibbia” di Biglino. Badate bene, Biglino non è uno qualunque, ma uno studioso biblico incaricato dalle edizioni Paoline di tradurre la Bibbia; un incarico che ha mollato quando ha iniziato a leggere il testo originale, dichiarando che non poteva continuare un lavoro che si discostava dalla realtà del testo. Leggendo la Torah in lingua originale  egli ha carpito informazioni che portano sgomento e fanno tremare le fondamenta della religione. Un Dio che in realtà non è un Dio, più vicino all’umano che al divino, che faceva uso di strumenti ad alta tecnologia, visti come potenti mezzi di potere da parte dell’umanità che all’epoca popolava la Terra. L’uomo di quel tempo, dal punto di vista industriale e tecnologico, era ancora agli esordi, poco evoluto e ancorato alla manualità, dunque, qualsiasi elemento estraneo a quel mondo veniva considerato divino. Per fare un esempio, se uno di noi potesse viaggiare indietro nel tempo, fino a quella antica era, portando con sè uno smartphone, uno smartwatch o, addirittura, una macchina, ebbene, anch’esso sarebbe considerato una divinità.
Se 20 anni fa mi avessero detto che avrei potuto scrivere pigiando dei pulsantini su uno schermo, avrei riso in faccia ai miei interlocutori. Per me, all’epoca, il pulsante era un oggetto fisico facente parte di un corpo distaccato dalla schermo, non incorporato in esso, e immaginavo che ciò fosse solo fantascienza.
Ebbene, quanto mi sbagliavo!
Questo secondo esempio serve a far comprendere che anche ai nostri giorni, ciò che non si conosce viene considerato impossibile, inesistente o divino e soprannaturale. Ecco perché, questo misterioso personaggio di nome Yahweh riuscì a porsi come leader di un popolo. Pensate un attimo agli strumenti che utilizzava e che ha donato loro, primo fra tutti l’Arca dell’Alleanza. Essa funzionava solo se si indossava il pettorale in dotazione e causava gravi danni fisici se qualcuno decideva di avvicinarsi a quell’aggeggio senza le giuste precauzioni. Pare che Salomone la utilizzasse per comunicare con il Dio, una sorta di ricetrasmittente in legno e oro che non funzionava senza il sussidio del pettorale, forse uno smartphone del passato.
Biglino elabora diverse ipotesi affascinanti a riguardo che analizzerò dettagliatamente nel prossimo articolo.
Intanto… buona lettura!

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Il “Codice da Vinci” tra Arte e Rivelazione

L’autore dei nostri giorni che ho preferito in assoluto è Dan Brown, di lui ho letto quasi tutto e Robert Langdon è diventato un mio caro amico durante i freddi pomeriggi invernali. Sono banale, lo so, ma il libro di Brown che più ho adorato e che rileggo volentieri è il “Codice da Vinci”, con una trama avvincente e un mistero, il mistero dei misteri direi, che si dispiega nella trama attraverso il genio logico del mitico professore, esperto di simbologia e arte.
Ho già detto che l’ho adorato?
L’acume intellettuale di Langdon si ingegna nella risoluzione di un fitto intrigo enigmatico volto alla sensazionale scoperta del Graal.
“La linea della Rosa” attraversa il globo, dall’America alla Francia, dalla Francia all’Italia, dall’Italia all’Inghilterra e infine di nuovo in Francia.
Tutto inizia e tutto finisce al Louvre, il museo dei musei, un angolo d’arte da cui promana il genio artistico per eccellenza. Filosofia su tela, poesia adagiata su pareti di storia.
Il “Codice da Vinci” è sicuramente un romanzo avvincente, ma non è solo questo. Leggendolo si assapora l’enigma in ogni sfumatura di colore impresso su tela, in ogni pietra lavorata a formare una statua, in ogni scritto che cela un mistero nascosto. La rivelazione è la vera protagonista della storia, una rivelazione religiosa ma anche letteraria che sfocia in un finale mozzafiato. La teoria di Brown sul Graal, frutto di numerosi studi, è alquanto intrigante, in chiaro contrasto con la dottrina ecclesiastica.
Non farò alcun accenno alla trama, che tutti conosciamo, dico soltanto che crea nel lettore una curiosità insolita per un tema trattato da secoli, rivisitandolo in chiave rivoluzionaria.
Lo so, mi sono dilungata molto su questo romanzo, ma non potevo non parlarne, non qui sul mio blog.
Altri scritti dell’autore americano che mi sono piaciuti molto sono “Angeli e Demoni”, “Il simbolo perduto”, e “Inferno”, mi ha convinto poco, invece, la sua ultima opera “Origin”, molto incentrata sulla descrizione dell’intelligenza artificiale e poco rivolta al tema predominante dello scritto, ossia “Chi siamo?” e soprattutto ” Da dove veniamo?”, a cui lo scrittore ha dedicato qualche pagina verso la fine. Anche l’estro intellettuale di Langdon qui appare fiacco, quasi stanco dinanzi alla sua amata arte. Nulla a che vedere, dunque, con il “Codice da Vinci” così brillante ed intenso.
Brown resta comunque uno degli autori moderni che ho più apprezzato nel vasto mondo letterario moderno e che vale la pena leggere. Uno scrittore la cui penna trasmette un certo fascino trasportando il lettore nel suo mondo di simboli e storia.

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Cos’è Filosofia

Care e Cari Readers, come ho anticipato nella mia presentazione, uno degli argomenti a cui mi dedicherò nel mio blog è la maestosa signora che incarna il sapere in ogni sua sfaccettatura, la leggendaria Filosofia.

Quest’affascinante ammalliatrice illumina la via del saggio e lo sprona alla ricerca incessante. Incentiva la conoscenza e innalza la mente a nuovi orizzonti. La nostra signora vanta origini molto antiche e la sua scia si disperde nella storia. Gli storici fanno coincidere la nascita della filosofia con la fondazione della Scuola Ionica, conosciuta anche come Scuola di Mileto, colonia Greca, da parte dello studioso Talete intorno al VI secolo a.C.
Ma cosa significa il termine Filosofia?
La parola Filosofia deriva dall’unione di due termini di origine greca, ovvero “philein”, che significa amare, e “sophia” che indica la saggezza.
Dunque, con questa magica parola, si suole intendere “Amore per la sapienza”, un amore che si radica in tutte le aree della conoscenza. A livello etimologico, l’utilizzo del termine, è alquanto oscuro. La maggior parte degli studiosi concorda che il termine non abbia avuto origine dai presocratici, bensì sia sorto in epoche più tarde. Occorre precisare che i primi pensatori non erano affatto coscienti di essere filosofi, per loro la Filosofia era una disciplina che sfociava in uno stile di vita volto alla continua ricerca; in particolare, i primi filosofi, come Talete, Anassimando e Anassimene, attuavano i loro studi nel reale, solo successivamente, a partire da Socrate e più approfonditamente con Platone e Aristotele, lo studio tocca argomenti più complessi e meno concreti, come l’anima, Dio e il mondo.
La Filosofia, unica e vera madre delle scienze, al tempo dei presocratici, e durante i diversi secoli che seguirono, si annidava nelle varie branche del sapere.
TUTTO ERA FILOSOFIA.
La matematica, la geometria, la fisica, la medicina, la biologia, l’arte, la scrittura, la pedagogia, la psicologia, la sociologia; in altre parole, tutto il sapere era Filosofia, un concentrato di saggezza per pochi eletti (Eraclito) da scovare con attenzione e arguzia d’ingegno (Socrate).
Dunque, il concetto di Filosofia risulta alquanto complesso, e, come una bella donna in abito da sera, seduce la mente umana e la trascina nelle fauci di un mondo crudo e nuovo che lascia poco spazio al mito e all’immaginazione.

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