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Un matrimonio combinato o scombinato? Due bugiardi a nozze!

Recensione

Un romance a sfondo storico che ha soddisfatto le mie aspettative, sarò sincera, sembra un Harmony, di quelli che leggevo quando andavo alle medie, costellato da scene hot ad opera di un gentiluomo caliente e affascinante. Dire che assomiglia ad un Harmony non è un insulto per me, ho dei bei ricordi di quei romanzi, i primi della mia adolescenza in cui, da inesperta, mi addentravo per scoprire l’effetto della passione. Le mie ore erano scandite dalle righe di queste autrici romantiche che mi ricordano lo stile della Serpotta, dal cipiglio inglesino e il tono sfrontato.

Trama

Thomas ed Elizabeth si incontrano sulle porte della biblioteca di Londra, lui è un ufficiale della marina pronto a salpare per la guerra, lei la figlia di un potente conte che si finge una cameriera per poter uscire liberamente in città. Entrambi di nobili origini si innamorano al primo sguardo, ma tacciono la verità. Thomas è pieno dei debiti ereditati da suo padre ed ha una famiglia da mantenere, Elizabeth è una ricca baronessa, ma nasconde la sua identità con l’intenzione di far innamorare l’uomo della sua personalità e non del suo denaro.
Il padre di lei ci mette lo zampino.
Alla ricerca di un erede maschio avvia un indagine sugli scapoli bisognosi di Londra e adocchia proprio Thomas Strutton, che tra l’altro ha già ricevuto un’offerta dal capitano Boxer per prendere in moglie la sua figlioletta.
Insomma un uomo ambito e conteso, ma il Conte di Rutland, padre di Elizabeth, gli forza la mano, e lo costringe a sposare la figlia, la sua Liz conosciuta in biblioteca.
L’amore appena sbocciato viene messo a dura prova dalle bugie di entrambi ma la passione è travolgente e la prima notte di nozze straripa con la forza di un fiume in piena
.

Capitanto Thomas Strutton

Conosciamo meglio il caro soldatino. Thomas Strutton è un giovane a modo, bello e affascinante. È ligio e devoto alla vita militare, è stato promosso capitano della sua nave e ne va molto fiero. Combatte per la sua patria, subito dopo il matrimonio con Elizabeth lascia l’Inghilterra e parte per la guerra, durante la quale lotterà per condurre alla vittoria il suo paese e i suoi uomini. Non ha alcuna intenzione di sposarsi, fino a quando non incontra la sua dama naturalmente e, anche dopo essersene innamorato, in prima istanza mantiene un atteggiamento molto discreto e quasi formale, concedendosi solo fugaci momenti di desiderio che non vanno oltre il bacio. Almeno fino alla notte di nozze, in cui regala alla sua sposa tutto il piacere di cui è capace. Poi se ne va e torna dopo due anni con una novità disarmante che muta anche il suo carattere, non più posato e severo ma trasgressivo e passionale.

Baronessa Elizabeth Menners

Elizabeth Manners è una ragazza alquanto intraprendente, schietta e pragmatica. Alla morte del padre, per cui non ha mai provato un grande affetto, vista la sua poca considerazione per le figlie, sono quattro sorelle, e i continui tradimenti nei confronti della defunta madre, assume nelle sue mani il controllo della famiglia, che dirige mestamente e con diligenza. Anche lei ha in serbo una sorpresa per il marito al ritorno dal fronte, ma gli eventi spingeranno affinché il segreto resti tale ancora per qualche tempo. Liz, come la chiama affettuosamente suo marito, si è innamorata fin da subito del suo Thomas e il nuovo temperamento sfrontato del marito, al suo rientro dalla guerra, la colpisce piacevolmente facendola ardere di passione e desiderio.

Considerazioni finali

La storia mi è piaciuta molto, i personaggi sono descritti molto bene e non manca la suspense generata dal costante pericolo che incombe sulle vite dei protagonisti, oggetto, nel corso della trama, di una serie di numerosi attentati destinati a restare un mistero. La scrittrice si destreggia tra l’action e il romance, oscillando tra il romanticismo e il thriller, rinvigorendo lo storytelling con dettagli ricchi e coinvolgenti. Mai scontata e sempre sul pezzo cattura l’attenzione del lettore con un linguaggio forbito, tipico dell’epoca regency. Un bel racconto da leggere in tranquillità davanti al camino e una bella tazza di te che riscalda il cuore, similmente alle dolci parole d’amore del romantico Thomas per la sua focosa Liz. Dunque, cari lettori, vi consiglio vivamente la lettura di questo romanzo, davvero intrigante e ricco di colpi di scena.

Voto: 4 stelle

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Una “fiabesca” Novella di Natale

Recensione

Una novella che richiama lo spirito fiabesco del natale, popolata da elfi, gnomi, renne e dall’immancabile Santa Clause, il vero motore del natale. La storia mi ha molto divertito, in particolare i monologhi mentali della protagonista, una svogliata ragazza di città costretta a passare il Natale in campagna dalla nonna che non vede da diversi anni. Nel racconto si intersecano storie diverse, ognuna con il proprio filo conduttore, ma alla fine tutte convergono nella grande scia lasciata al suo passaggio dalla magia del Natale.

Trama

Sissy, all’anagrafe Sibilla, è una ragazza di ventidue anni che, come tutte le giovani ragazze di questo secolo, non crede alle favole sul Natale e sogna di passare le feste in giro per locali con le amiche e a fare shopping, spendendo tutti i soldi della tredicesima. Lavora come commessa al centro commerciale e vive nel frastuono di una grande città. Non è abituata al dolce silenzio della campagna, all’atmosfera tranquilla di un paesino tra le montagne imbiancato dalla neve, al mercatino, ai paesaggi mozzafiato e al calore della gente che incontrerà. Parte svogliata, con la convinzione che si annoierà a morte, ma, lungo il tragitto uno strano ed inaspettato contrattempo la porta a prendere una via secondaria, un varco aperto appositamente per lei che la condurrà nel fatato mondo dei boschi. Qui, in preda al panico, farà la conoscenza degli elfi di Babbo Natale, disperati per la sparizione di quest’ultimo in preda alla depressione, che imploreranno il suo aiuto per cominciare le ricerche.
Un aiuto già previsto dall’oracolo elfico.
Sibilla, dapprima incredula, deciderà di imbarcarsi in quest’avventura, a patto però di poter raggiungere la nonna che la stava aspettando da tutto il giorno e così si accordano per iniziare le ricerche il giorno successivo.
Da qui inizia la storia, stravagante, ma molto avvincente.

Personaggi

Sibilla è una ragazza cinica, crescendo ha perso quell’ingenuità fanciullesca che la caratterizzava da bambina e anche l’affetto per la nonna era scemato nel corso del tempo. Tuttavia l’amore che provava per lei riaffiora più forte e deciso nel corso della trama, fino all’espressione di un desiderio che toccherà il cuore.

Nonna Mema si sente triste e sola, ma, quando Sibilla compare sulla porta di casa la speranza riaffiora nel suo anziano cuore. Attraverso piccoli gesti e dolci attenzioni riscoprirà il legame con Sibilla, perso quando la nipote aveva dieci anni. La nonna era andata via a causa delle incomprensioni caratteriali con la nuora, ma col tempo aveva compreso che anche lei aveva sbagliato atteggiamento e, dentro di lei, aveva perdonato la madre di Sibilla.

Nicla è una ragazzina tutto pepe triste perché i genitori stanno per divorziare. È molto esuberante e coraggiosa e aiuterà Sissy nella ricerca di Babbo Natale. Il suo scopo è quello di passare dalla Grotta dei Desideri per depositare la sua letterina di Natale e lo farà con l’aiuto della sua nuova amica.

Considerazioni finali

La storia è molto bella, mi ha commosso il finale che vede intensificarsi l’affetto di una nipote negligente per l’anziana nonna che non ha mai smesso di volerle bene e portava nel cuore quella bambina che aveva dovuto lasciare a causa dei problemi tra adulti, problemi che una bimba non era in grado di capire, come la piccola Nicla, triste per la separazione dei genitori. Il lieto fine arriva anche per lei perché Gloria e Gabriele, la mamma e il papà della piccola, alla fine decidono di restare insieme e portare avanti la loro famiglia, nonostante le incomprensioni intercorse negli anni del loro matrimonio. E poi c’è Babbo Natale, intristito dalla piega materialista insita nell’animo dei bambini moderni che nelle loro letterine pretendono giocattoli di ultima generazione senza neanche dire grazie. Ciò lo spinge ad abdicare dal suo ruolo di Santa Clause, fugge con la sua supercar, ma un terribile incidente gli fa perdere la memoria. Per fortuna Noel non è solo, ci sono i suoi fidati elfi, uno gnomo curioso, le renne e anche Sibilla, disposti ad affrontare rocambolesche avventure per salvarlo e salvare anche il Natale.Riusciranno i nostri amici a portare a termine la loro missione? Per scoprirlo leggete questo grazioso volumetto per trascorrere qualche ora di allegria insieme a loro e rivivere la fiabesca aria natalizia che la penna dell’autrice crea con maestria e dolcezza.

Voto: 4 stelle

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After: “Dopo” di lui

Recensione

Finalmente anch’io ho conosciuto il tanto famoso Hardin Scott, le ragazzine ci vanno matte e comprendo che per una tredicenne questa è roba che scotta, ma vi confesso che un pò ha bruciacchiato anche me. Lo so che le sorelle Bronte, tanto citate in questo romanzo, si staranno rivoltando nella tomba, ma, amiche mie, sapete che vi dico, e qui spezzo una lancia a favore della Todd, che Heatcliff non è poi tanto diverso da questo sbarbatello al secondo anno di college, sono entrambi due str…, strani personaggi, inquietanti e tormentati. Certo cambia lo spessore letterario, ma alla fine non spetta a me stabilire cosa è o cosa non è letteratura.  Ma proseguiamo con la recensione.

Trama

Mi verrebbe da dire donna Francisca scansati proprio! E poi telefonare subito a Barbara d’Urso perché qui il trash supera di gran lunga il Grande Fratello vip e Uomini e Donne. Cioè, Gemma Galgani e i suoi pretendenti gli fanno un baffo a questi, altro che Cecilia Rodriguez, Moser e l’armadio, qua si fa sul serio ragazzi, neanche Striscia la notizia potrebbe documentare un simile scempio, forse le Iene, ma non ne sono del tutto certa. Vabbè smettiamola di nominare tutta la Mediaset e continuiamo.
Allora, Tessa  Young e una ragazza al primo anno di università, una ragazza studiosa, diligente e meticolosa. È fidanzata con Noah, un ragazzo di un anno più piccolo che l’anno successivo dovrebbe raggiungerla alla Washington University. Sua madre è molto apprensiva e quando vede che la figlia dividerà la stanza con una giovane ragazza tatuata, scollacciata e truccatissima, vuole subito cambiarle dormitorio, ma Tess, si oppone e già da qui la faccenda puzza. Cioè, questa finalmente si libera dalla sua palla al piede che la costringe a vestirsi come un’adorabile vecchietta da quando è nata e per un momento vede sfumare la possibilità davanti agli occhi. Per fortuna la cosa si risolve chiamando in causa la fiducia di una madre per la figlia super perfetta. La signora finalmente acconsente e tutti tiriamo un sospiro di sollievo, che si intensifica quando la donna, ancora ignara di quello che l’aspetta, se ne  torna a casa e la lascia alla mercè del destino, o, più specificatamente, nelle grinfie di mister “me le scopo tutte io”, Hardin Scott, e compagnia. Come tutti gli universitari se la spassano tra feste, alcol e droga, disertando le lezioni,  tutti tranne Tess, che nonostante il cambiamento nel corso del racconto, conserva la sua passione per lo studio. Ma conosciamo meglio Hardin e Tessa, e questa compagnia di scalmanati che si dimena sul filo del rasoio.

Tessa Young

Theresa, nome completo di Tessa, è lo stereotipo della figlia perfetta. Ha passato gli anni del liceo a studiare e lavorare in vista del college, il suo obiettivo era solo quello di laurearsi e lavorare nell’editoria. Non si preoccupa minimamente dell’amore, è fidanzata con Noah, lo conosce da sempre e sente di amarlo, anzi è convinta di amarlo. Lui gli è stato vicino quando suo padre, alcolizzato, ha abbandonato lei e sua madre. Praticamente un fratello. Hanno programmato matrimonio e figli e sono entrambi casti come due monaci tibetani. Ma l’animo di Tessa non è così puro come sembra, ha un cuore ribelle e rivoluzionario tenuta a bada dalla madre, che le ha programmato, praticamente, tutta la vita.

Hardin Scott

Non so come definire questo ragazzo. È una figura inquietante, dallo sguardo torvo e dal carattere introverso, più adatto ad un thriller che ad un romance. È maleducato, sboccato, scontroso, lunatico, infantile, insicuro e strafottente. I tatuaggi e i pearcing accentuano il suo aspetto minaccioso e rappresentano la sua corazza contro un passato triste. La sua famiglia è di origini inglesi, anche suo padre era alcolizzato, però poi ha lasciato la moglie, si è trasferito in America e adesso ama Karen, la sua futura moglie, alla follia. Un cambiamento radicale, che fa soffrire Hardin come un matto. Non accetta questo nuovo padre, tra l’altro Rettore della loro università. Ha brutti ricordi sul suo conto e lo odia per avergli rovinato l’infanzia e la madre, ma, grazie a Tessa, riallaccia i rapporti con lui e va anche al suo matrimonio. Hardin è strano, non saprei come definirlo, è spiazzante. Uno stronzo senza paragoni, ma l’animo ferito e l’amore che prova per Tess mi hanno conquistato. È un amore così diverso, che lui reprime costantemente. La cerca sempre, non riesce a stargli lontano, nonostante il suo pessimo carattere affitta anche un appartamento per loro, tuttavia nasconde un segreto, un grande segreto che l’autrice svela solo alla fine della trama. Questo mi è piaciuto, la sorpresa è uno dei punti forti in un romanzo, secondo il mio modesto parere.
Hardin è bellissimo, come tutti i protagonisti dei romanzi d’amore, e i suoi occhi verdi sono caldi e magnetici, catturano tutte le ragazze dell’università e infiammano il cuore di Tess.

Comitiva

Gli altri personaggi della trama, seppur secondari, muovono le fila dello storytelling. C’è Molly, (che poi che cazzo di nome è Molly? Bah!) l’antagonista per eccellenza, scorbutica, prepotente e troia, Steph, la compagna di stanza di Tessa, che cerca di esserle amica, anche se alla fine è sempre fedele alla comitiva, c’è Zed che corteggia Tessa a discapito di Hardin, geloso pazzo di tutti quelli che si avvicinano a lei, e Landon, quel bravo ragazzo, tra l’altro fratellastro di Hardin, che conquisterebbe  chiunque. È dolce, simpatico e, soprattutto, un buon  amico. Landon è il personaggio che ho preferito di più, nascosto nella trama ma così importante nell’evoluzione della storia.

Considerazioni finali

Il libro in sè mi è piaciuto, non dico che mi ha colpito, di certo non lo posso classificare come un romance di alto livello, piuttosto una storiella che mi ha distratto per qualche ora dalla routine. La parte che ho preferito sono i dialoghi, così concitati e intensi, pieni di litigi e parolacce. Le scene erotiche non erano sdolcinate e lente, ma veloci, passionali e sporche, riflettendo lo spirito scostante e intenso di Hardin.
Questo Hardin ragazzi non riesco a decifrarlo, non so come definirlo e mi mette a disagio.
È un tipo a sè.
Voglio vedere il film, disponibile su Netflix,  forse riesco a farmi un’idea chiara su di lui, ma davvero, mi mette una certa ansia sto tipo. È un appassionato di Cime Tempestose, e la cosa gli fa onore per la sua capacità di comprensione del testo. In generale è un appassionato di letteratura, da piccolo adorava “Il grande Gatsby” che però, suo padre, in preda ai fumi dell’alcol, gli ha strappato in faccia.
Ritornando a noi, After significa “dopo”, l’autrice specifica “dopo di lui”  non esiste nient’altro, esiste solo lui. Lo sfondo sfuma e la nebbia si dirada svelando il suo volto. Niente ha più senso, non esiste più né un passato né un futuro dopo di lui, esiste solo lui in un eterno presente, tutto è in funzione di lui, lui è tutto, senza di lui c’è il niente.
Ragazze mie, credo che la maggior parte di noi abbia avuto o ha un “dopo”.
Per quanto riguarda me vi dico solo che il mio “dopo” si chiama… ehehe lo volevate sapere eh?
E voi? Voi ce l’avete un “dopo” di lui?

Voto: 3 stelle

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Un solo grido: “Nap!”

Recensione

Nap, Non avere paura, un mantra da seguire quando il gioco si fa duro e tu sei troppo timoroso per giocare, quando la vita è ingiusta e hai paura persino a respirare, quando i sogni ti si sgretolano tra le mani e tu devi ricominciare da capo. Non è un caso che io mi stia riferendo esattamente a te, a te che leggi e pensi, a te che hai paura del mondo tanto da tirarti indietro prima di iniziare a vivere sul serio. Il “tu” è un qualcosa di estremamente intimo e personale, il “tu” lo rivolgi solo alle persone con cui hai un rapporto, non dico speciale, ma quantomeno confidenziale, ed è proprio questo che fa questa brillante autrice dalla penna ardente, da ai suoi lettori un eroico “tu” attraverso le parole della sua protagonista, permettendo a chi legge di immedesimarsi in quei sentimenti e stati d’animo che reggono le fondamenta della trama. È la prima volta che mi è capitata una scrittura in seconda persona singolare, eppure vi assicuro che di libri ne ho letto parecchi. Questa cosa mi ha  leggermente turbato e a tratti sconvolto, non so spiegarlo, ma alcune volte, quella che stavo leggendo e che parlava nella mia immaginazione non era Jamie, la protagonista, non era l’autrice, non era il libro, ero io, io che provavo le sue stesse paure, pensavo i suoi pensieri, immaginavo i suoi sogni.
È strano, a dir poco stupefacente, ma procediamo con ordine e accenniamo alla trama senza svelare quei dettagli che la rendono avvincente.

Trama

Nap è la storia di un percorso di vita, quella della giovane maestra d’asilo, Jamie, assillata dalle sue paure e da un passato che la tormenta impedendole una vita tranquilla. Si crea una parvenza di perfezione attraverso strane manie, come collezionare oggetti da cucina (servizi da te, caffè, zuppiere e vassoi), disegna divinamente abiti di alta moda che non ha intenzione di mostrare a nessuno e adora il suo milionesimo Hettori Enzo, il pesce rosso che il suo coinquilino e amico David cambia due volte al mese per impedire che lei si accorga della sua morte. Centinaia di pesciolini rossi con una sola identità, un “uno nessuno e centomila” che abita dentro un piccolo acquaio di una appartamentino di Boston. Questa calma apparente però, un giorno, viene mandata praticamente a pezzi dal dolce, sexy, seducente, palestrato e superfigo ex Marines, Logan Welsh, un fusto senza paragoni che la sdradica dalla sua vita piatta e la catapulta in un universo fatto di passione. Jamie impazzisce, perde la testa per questo strafico dal cuore tenero e si invaghisce come una scolaretta. Lui, come è ovvio, è un dongiovanni incallito, strafottente, impiccione e narcisista fino al midollo. Ha un figlio di cinque anni avuto da una che manco conosce, ma si innamora di Jamie come se Dio gli avesse mandato la vergine in persona a redimerlo dai suoi peccati.
È da qui partono scintille, sesso a volontà, pianti, un manicomio per i poveri vicini che si sorbono questi due pazzi e l’amore, che esplode in una caterva di orgasmi senza fine.
Che storia ragazzi, mi ha tenuta incollata fino all’ultima pagina, e quando ero impegnata a fare altro non vedevo l’ora di ritornare a leggerlo, ma mettiamo da parte gli sproloqui e conosciamo meglio loro, Jamie e Logan.

Jamie

Lasciatemelo dire, questa ragazza è davvero esaurita, un po come tutte noi. Jamie non ha avuto un’infanzia facile, sua madre l’ha abbandonata quando aveva sei anni, si è trasferita a New York con l’amante e la figlia di questi, lasciandola con un padre alcolizzato e donnaiolo. L’uomo, preso dalla sua vita e dai suoi problemi, pur volendole bene, l’ha abbandonata e se stessa e, se non fosse stato per i suoi vicini, che l’hanno accudita come meglio potevano, avrebbe fatto una brutta fine. Questi traumi l’hanno segnata al punto da avere paura anche dell’aria, paura che teneva a bada con fogli e colori. Una volta cresciuta si è pagata un corso da educatrice e ha cercato di vivere una vita rispettabile. È una ragazza strana, fissata con l’ordine e con l’oggettistica che ammucchia per colmare il vuoto lasciato dai suoi genitori. Non è stato facile per lei sopravvivere al dolore, ma, in qualche modo ha raggiunto un certo equilibrio, più un equilibrio sopra la follia direi. Sta con James, vecchio professore universitario, con cui ha programmato una vita perfetta quando lui andrà in pensione, colmando, credo, quel bisogno paterno che l’accompagna sin dall’infanzia. Tutto fila liscio fino all’arrivo di Logan. L’amore per lui la ribalta da capo a piedi, il suo sorriso con fossette la manda in tilt, e il suo casto sogno fatto di una casetta con staccionata, figli e un cagnolino che scodinzola per casa, va letteralmente in fumo. Si innamora pazzamente di questo fusto pieno di lividi nell’anima e addio alla sua di anima, che consacra al loro amore.

Logan

Beh che dire di lui?
Che è uno strafico da urlo l’ho già detto? E anche un “porco” come lo definisce Jamie, io aggiungerei “matricolato” così siamo al completo.
Ma Logan non è solo questo, è un ragazzo esuberante, sempre con il suo smagliante sorriso sormontato da due deliziose fossette. È premuroso e gentile, protettivo, romantico, passionale, molto dolce e anche simpatico e intelligente. Ha uno spiccato senso dello humor e si sacrifica per la donna che ama.
Bene amiche mie, l’uomo che tutte sognano, bello come il sole e dannato, un bad boy dallo sguardo profondo e penetrante, con l’aria da bravo ragazzo che farebbe sciogliere l’ormone anche ad una suora defunta.
Appurato che un tipo cosí non esiste e non esisterà mai, sognare non costa nulla, e poi, dopotutto, un bel libro ha anche questo compito, quello di farci sognare. Anche Logan ha avuto un’infanzia difficile, è vissuto in orfanotrofio fino a otto anni e poi è stato adottato. A 18 si è arruolato nell’esercito vivendo gli orrori della guerra ed è stato congedato perché ha rivelato un segreto militare che doveva restare tale. Arrivato a Boston, approfittando della partenza del cugino David, gli ha chiesto in affitto la sua camera nell’appartamento condiviso proprio con Jamie.
Da qui tutto ha inizio.

Considerazioni finali

La trama è davvero coinvolgente, non mancano i colpi di scena che porta la trama dal romance al poliziesco. I due protagonisti sono sempre sul pezzo, tengono alta l’attenzione con i loro dialoghi semplici e diretti, instaurando un rapporto a tu per tu con il lettore. A parte qualche refuso, il linguaggio molto semplice rende la lettura scorrevole e adatta a tutti.
Una cosa che mi è dispiaciuta?
David, il motore centrale della storia, sparisce all’inizio e torna solo alla fine. Avrei voluto sapere qualcosa in più sul suo viaggio, su quel suo ritrovarsi. Magari qualche scena che lo ritraeva nel deserto del Libano con in testa un turbante, non so, un personaggio cosí misterioso e affascinante non può rimanere muto. Per il resto consiglio vivamente la lettura, il testo merita anche per l’ingegnosa novità della 2 persona.
Detto ciò vi auguro una buona lettura, e se ancora non l’avete letto l’unica cosa che posso dirvi è “NAP!”, leggetelo e divertitevi.

Voto: 4 stelle

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L’estate “turbolenta” di Anne

Recensione

Una lettura deliziosa, mi è parso di essere tornata indietro di quindici anni, a quelle bellissime serie anni ’90/2000 che ti tenevano incollati allo schermo una serata intera per guardare la puntata. Quei teen drama dal sapore puramente adolescenziale resteranno per sempre nel mio cuore.
Altro che Netflix, ma procediamo con la recensione.
Trama
La storia è ambientata negli anni ’60, Anne è una ragazza londinese che ha appena perso suo padre, tra l’altro già orfana di madre, e, dunque, raggiunge lo straricco zio James in Florida, che la ospita e la tratta come una figlia, in virtù del profondo affetto che nutriva per la defunta sorella. Qui Anne incontra Charlie, il cugino, Natalie, la figlia della seconda moglie dello zio, e John, il ragazzo che le farà battere il cuore. Un’estate turbolenta per Anne, che fugge dalla sua drammatica realtà e nasconde un grande segreto, che l’autrice svelerà sul finale spiazzando il lettore. Sarò sincera, non me lo aspettavo, anche perché sembrava una normalissima storia d’amore, e invece il tutto si è trasformato in un giallo. La cosa mi ha piacevolmente stupito. La scrittrice è stata molto abile nel rivelare la verità soltanto alla fine della storia senza seminare indizi nel corso della trama; in realtà un indizio c’è, ossia il diario nero di Anne, ma quest’ultimo viene relegato nel dimenticatoio dalle vicende sentimentali dei protagonisti, assumendo un ruolo preminente solo al momento opportuno.
I personaggi principali, oltre ad Anne, sono una compagnia di giovani americani, spensierati ma al tempo stesso afflitti da tutte le problematiche tipiche della gioventù trasposte nel contesto sociale e nell’epoca in cui si trovano a vivere. Così Charlie è pazzamente innamorato della sua sorellastra Natalie, Nat per gli amici. Hanno avuto precedentemente una storia d’amore ma poi si erano lasciati perchè lei lo aveva tradito, o almeno questo è quello che ha creduto il giovane fino a quando non le rivelerà che la ama ancora. John, lo scapolo impenitente della città, perde la testa per Anne, ma lei vuole di più, gli chiede matrimonio e figli, e lui scappa a gambe levate per poi pentirsene subito dopo. Nina, invece, si innamora di un giornalista affascinante e tenebroso, che alla fine cederà alle sue lusinghe.
Ogni singola storia si incastra alla perfezione nel puzzle intricato della trama, dando vita ad uno storytelling originale e molto coinvolgente. I personaggi sono descritti molto bene, così come i panorami mozzafiato che incorniciano gli eventi.

Considerazioni finali

Mi è piaciuta molto questa storia, ho divorato il libro in una manciata di ore e mi ha distratto dalla routine. Lo consiglio vivamente per una lettura di piacere e anche per avventurarsi in un’epoca lontana dalla nostra, ma molto affascinate, quali erano i favolosi anni ’60, messi in evidenza dall’autrice anche dal vestiario dei suoi protagonisti e dal loro modo di pensare e percepire la società.
I loro dialoghi e loro gesti sono baluardi di quel periodo fatto di tacchi alti e vestitini svasati stretti in vita.
Il personaggio che mi è piaciuto di più?
Charlie ovviamente.
Un po troppo protettivo, ma uno strafigo (alto, moro e riccioluto) premuroso e sempre presente, generoso e coraggioso, anche disposto a rimetterci la vita per salvare i suoi cari. Una sorta di cavaliere medioevale senza lancia e cavallo, ma pur sempre un cavaliere. Un po troppo impulsivo forse, ma data la giovane età non c’è da meravigliarsi.
Dunque, vi lascio, consigliando la lettura di questo romanzo, davvero davvero carino!

Voto: 4 stelle

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Una sfumatura chiamata “Grey”

Recensione

Tutti, o quasi, abbiamo letto Cinquanta Sfumature di Grigio.
A prescindere dalle recensioni, positive e negative, che ne sono scaturite, è impossibile negare che è stato uno dei best seller del secolo. Mettendo da parte la scrittura della James, che trovo poco entusiasmante e ripetitiva, l’argomento trattato ai tempi, eravamo nel 2011, ha destato un certo scalpore. La James ha portato sulla scena letteraria una pratica sessuale molto particolare e trasgressiva che rappresenta, ancora oggi, un tabù. Una forma perversa dell’amore e, soprattutto, del piacere, strettamente connessa al dolore, il dolore fisico scaturito dalle punizioni corporali durante il sesso.
E qui si apre un mondo di perversione che non ha niente a che fare con la trama di Cinquanta Sfumature e, ancor di più, con quella di Grey.
Quando è uscito quest’ultimo volume della serie, l’ho ignorato volutamente. Sinceramente mi ero sorbita tre libri su questi due, Anastasia e Christian, e non mi andava di rileggere la storia per l’ennesima volta, la cosa mi annoiava.
Credo che sarebbe stato più originale inserire i due punti di vista nello stesso libro ma, forse, l’autrice non aveva contemplato un simile successo quando è uscito il primo libro e ci ha pensato dopo, su suggerimento di qualcuno.
Il movente, suppongo si tratti di bisness.
Ma tralasciamo queste considerazioni inutili alla recensione e continuiamo.
Dunque, c’è Anastasia, la bella e imbranata studentessa e Christian il multimiliardario stronzo.
Questi due, come tutti sanno, si incontrano quando Anastasia sostituisce la sua amica malata, per un intervista del giornale studentesco, al famoso Signor Grey. I due si incontrano, si piacciono e dopo qualche giorno di frequentazione compare il famigerato contratto tra Sottomessa e Dominatore, che lei accetta sommariamente (forse firma, forse non firma, chi lo sa? Povero Christian!)
Non spoilero la fine se per caso c’è ancora qualcuno che non l’ha letto.
Lo storytelling è surreale, ai limiti del ridicolo, e, se lo scopo è quello di innalzare la libido dei lettori, beh vi dico subito che a me ha fatto l’effetto contrario. Le scene erotiche sono lente, claudicanti, smielate e non hanno niente a che fare con il sadomaso che, come vi renderete conto in Grey, è totalmente estraneo alla natura di Christian.
Un Dominatore alquanto strampalato e sdolcinato, poco realistico se associato a quella realtà estrema. Il dolore, che avrebbe dovuto essere uno dei principali protagonisti della vicenda, quel dolore che dovrebbe procurare piacere nelle menti perverse, è completamente assente, e denuncia la totale ignoranza dell’autrice in merito che giustifica il tutto con la verginità della neofita pseudo Sottomessa.
Le quasi seicento pagine di Grey si concentrano sulle seghe mentali di un ragazzo, problematico certo, ma palloso, lasciatemi passare il termine, e infantile. Un peter pan traumatizzato, che pensa solo al sesso e a fare soldi.
Come li fa, poi, è un mistero visto che sperpera denaro come se piovesse. E non mi riferisco soltanto ai regali. Anche i suoi investimenti sembrano poco vantaggiosi.
Ma veniamo a lui, veniamo al famigerato protagonista.

Christian Grey

Che dire?
Se dal punto di vista di Anastasia l’ho trovato in un certo senso passabile, emanava un certo fascino, soprattutto se associato al bel viso di Dornan, con Grey mi sono cadute le braccia.
Scusatemi ma il latte mi è sceso fino alle ginocchia.
Allora, Christian è un ragazzo di 27 anni, plurimilionario a capo di un’azienda che sputa soldi come se non ci fosse un domani. È stato adottato da una famiglia benestante dopo aver passato la prima infanzia nella povertà, ha subito abusi fisici e psicologici che hanno segnato la sua psiche, rendendolo l’uomo spietato che è stato fino all’incontro con la Steele.
Lei, non si sa come, lo ha magicamente cambiato e redento da tutti i suoi mali.
Che fantasia la James, un insulto a chi ha veramente subito simili violenze.
Ci sarebbe da andare al manicomio, ma tralasciamo questo dettaglio volutamente ignorato dalla scrittrice che risolve tutti i problemi di questo povero ragazzo con una sdolcinata storiella da quattro soldi. La sua prima infanzia traumatica cede il passo, dopo un periodo di quiete con la nuova famiglia adottiva, ad un’adolescenza peggiore. Una delle amiche della madre, la decantata Elena, e qui la città che ha reso celebre questo nome assume un altro significato, quando quel poveretto già traumatizzato dalla nascita, ha quindici anni, lo inizia alle pratiche del sesso sadomaso, abusando ancora di lui e torturandolo a suo piacimento come uno schiavo sessuale. Una specie di pedofila pazza e perversa che lui idealizza manco fosse la Madonna.
Non so come la psiche di questo poverino abbia retto, ammetto che mi fa una grande pena, fino a quando non leggo i suoi pensieri.
Christian è dotato di una personalità essenzialmente insicura (e ci credo, con tutto quello che ha subito!) e bisognosa d’affetto, alla continua ricerca di conferme palesi. Ma non è tutto. È arrogante, pomposo, a tratti deficiente e fintamente altruista. In realtà non gliene frega niente dei poveri della Terra, si occupa solo dei cavoli suoi. È uno a cui piace scopare, questo è sicuro, ma il sesso che gli interessa non è il sadomaso, in quanto aborrisce qualsiasi forma di dolore. È piuttosto propenso al sesso tradizionale con qualche pensiero perverso, come il frustino nell’intimità di Anastiasia, due cinghiate e qualche sculacciata sul sedere della sua bella, niente di più.
Il tragicomico è che a lei piace essere sculacciata.
Scusate ma mi viene da ridere.
Nelle prime pagine, seppur solo un ragazzo, si propone come un cinquantenne, poi la cosa per fortuna sfuma con la trama. Alcune affermazioni come ” È figo essere me”, “La mia parte del corpo che preferisco”, ” Io fotto forte”, “Mangia” e molte altre baggianate, mi hanno impietosito, questo giovanotto ha dei seri problemi che non si risolvono con una notte di passione “tradizionale”.
Non c’è, all’interno del testo, nessun approfondimento sulle pratiche sadomaso, tutto è campato in aria, lasciato al caso. Sul finale poi la lettura sembrava interminabile, le ultime 80 pagine circa sono un macigno sullo stomaco, una lagna e un piagnisteo continuo.
Veramente due p…e, scusatemi.
La cosa positiva della storia è che almeno questo ragazzo, distrutto dalla vita, è in cura da uno psicoterapeuta, anche se sarebbe stato più adatto uno psichiatra.

Considerazioni finali

Tuttavia, devo ammettere che alcune cose di questo libro mi sono piaciute, come per esempio, gli incubi di Christian, il suo universo irrazionale e inconscio che emergeva nel sonno in modo poetico e lancinante, trasportandolo nella sua infanzia terribile, la James avrebbe dovuto approfondire e dare maggiore spazio a questi momenti, che liquidava quasi subito attraverso la negazione categorica della parte cosciente e consapevole di Grey. Mi piaceva lui quando organizzava le cose per Anastasia, perché diciamolo una volta per tutte che Christian Grey più che essere un mostro onnipotente si crede di esserlo. La parte romantica è il suo elemento, o meglio, quello della inesperta E. L. James, che come tutte le donne sogna “Cuori e fiori” usando le parole di Mr Grey.
Non ho odiato Christian, ne l’ho amato, sinceramente mi è parso un personaggio poco realistico e forse, anche per questo, ha fatto sognare migliaia di donne nel mondo. Lui, il suo contratto pseudo- sadomaso e la sua frase preferita ” esercito il controllo su tutto Miss Steele” resteranno per sempre impressi nella letteratura di quart’ordine.
E poi, dopotutto, c’è qualcuno in questo universo che non ha mai voluto esercitare il controllo su tutto?
Un’altra cosa essenziale che mi ha lasciato questo libro è la necessità di guardare la mail. Ragazzi controllatela sempre, non si sa mai ci sia qualche messaggio importante e voi ve lo perdete per correre dietro ad una ragazza!
Che romantico il super impegnato Mr Grey.
Un’ultima cosa: NON CONSIGLIO ASSOLUTAMENTE LA LETTURA, è troppo noioso!

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“Un gentiluomo imperfetto” o quasi

Recensione

Un gentiluomo imperfetto è un romance ambientato nella Roma di fine ottocento. Il suo protagonista principale è Gabriele Saccocci, un libertino impenitente che usa sollazzarsi con le belle dame di sangue blu, anche con quelle maritate. Un giorno però, l’incontro con Giuditta, una fotografa tutto pepe, indipendente e repubblicana, cambia per sempre la sua vita. Si innamora di lei al primo sguardo e decide di cercare la ragazza, di cui non conosceva l’identità, per tutta Roma. La trova nel quartiere ebreo, la ragazza ha infatti origini semitiche, e gestisce con sua nonna una libreria antiquaria.
Galeotto fu lo scrivano della piazza, un vecchietto arguto e furbetto, attraverso cui Gabriele gli fa recapitare una lettera in cui decanta tutto il suo amore per la bella fanciulla. I due giovani si fidanzano ufficialmente e la nonna di Giuditta, sua unica parente, accetta il giovane a patto che rispetti sua nipote fino al giorno del matrimonio. Gabriele accetta, intanto però, confessato al nonno, fedele cristiano e antisemita, i sentimenti per la fanciulla ebrea, lo caccia di casa. Gabriele va a vivere provvisoriamente dall’amico Virgilio, giornalista di stampo liberale che instrada Gabriele alla carriera di giornalista, tanto che, dopo qualche tempo, inizia a lavorare per il giornale L’Avanti. Intanto, la popolazione romana è in delirio a causa della fame e della povertà, dunque, durante un giro in carrozza del Re, in occasione di un evento sportivo nella capitale, un povero disgraziato attenta alla vita del sovrano armato di coltello, subito fermato dalle guardie. Inizia dunque una caccia all’uomo e ai traditori della corona, e, anche attraverso false accuse, portano in galera centinaia di persone innocenti. Roma si ribella al sovrano, cosí come le altre città italiane, e scoppia la rivoluzione.
Cosa accadrà a Gabriele, Giuditta e i loro amici?

Descrizione:
L’autrice descrive i personaggi in modo soddisfacente, è facile immaginare la chioma riccioluta e bionda di Gabriele oppure gli occhi ambra di Giuditta che perlustrano Roma dietro la sua macchina fotografica. Per quanto concerne gli ambienti e i paesaggi, tutto è narrato nei minimi dettagli. Il lettore viene trasportato per le vie di Roma e ci cammina dentro attraverso l’immaginazione. Il testo è, inoltre, ricco di curiosità storiche sulla capitale.
Una chicca è la comparsa di D’Annunzio verso il finale, poco realistico ma comunque divertente.
A livello sintattico invece sono presenti alcuni errori di revisione, che, in alcuni tratti, rendono il testo poco scorrevole. Nel complesso è un libro molto interessante, forse mi sarei aspettata maggiore romanticismo e un tocco di passione in più.
Buona lettura!

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Loretta Minnozzi “a Corte”

Introduzione

Nel centro degli Appennini la vita scorre monotona ma quando giunge a Castel Berarda la lettera della Marchesa Camilla – la prima di una lunga serie dalla corte di Francia – il destino prende una piega diversa per la Contessina Astremisia che la porterà a un ruolo non suo: quello di favorita del Re e del suo seguito, un codazzo di servitori dai titoli altisonanti che ruotano, ogni giorno, attorno al sovrano per assecondare i capricci reali.
Tra rigidi protocolli, decreti urgenti e un decalogo bizzarro, frutto dell’esperienza dell’attempata Marchesa, Astremisia non dorme sogni tranquilli: la sua avvenenza di sole quindici primavere è giunta all’orecchio di Sua Maestà che rischia di destabilizzare le sorti dei due paesi, pur di accoglierla a corte per una ricognizione urgente “de visu et de manu”.
Per la voce autoriale e l’idea portante di una terminologia ricercata e coeva, il romanzo è sui generis e trascina il lettore in un quadro d’epoca che fuoriesce in toto dai calamai dei singoli personaggi.

Recensione

La favorita del Re, ironico e bizzarro, sarcastico fino alla sfumatura più profonda di quell’inchiostro che lo ha generato per mano della sua talentuosa autrice.
Cari lettori, vi anticipo già che la lettura sarà uno spasso, purtroppo troppo breve, ma intenso, come si suol dire. La protagonista del racconto è la giovanissima contessina Astremisia, scelta dal re di Francia come sua favorita, atta ad una ricca attività epistolare con funzionari regi di alto rango, eminenti emissari della chiesa e una voce autorevole che la istruisce nel ruolo che si accinge a ricoprire, ossia l’ex favorita del Re, la nobile Sanzanima. Il tutto colorito da un famigerato decalogo che, la poveretta, in veste di futura favorita, dovrà seguire alla lettera.
La lettura, seppur leggera e piacevole, ritaglia tra le righe la realtà del tempo, impeperita da nobili sotterfugi e potenti ruffiani che aspirano agli alti gradi del potere. Il re, un fantoccio manovrato dal Gabinetto, che prende le decisioni sul regale trono adibito ai bisogni corporali, appare come una marionetta dedita al sollazzo personale, e la sua vita privata viene trattata al pari di un affare di Stato, così come accadeva in quell’epoca di dame e cavalieri. La Minnozzi è stata molto brava, descrivendo quella realtà con un linguaggio ricercato, richiamando quel gergo antico anche a livello filologico. L’autrice, utilizza termini appropriati, che rendono reale un rapporto epistolare frutto della sua penna esperta e conoscitrice accurata delle dinamiche storiche, arricchendo la trama con citazioni letterarie non di poco conto, testimoni di una cultura acquisita e studiata con passione.
Dunque, La favorita del Re, è un romanzo che merita davvero, una lettura da non perdere per arricchire la conoscenza e imparare nuove parole di un’epoca travagliata e affascinante. Per tutti coloro che ancora non hanno letto il romanzo, consiglio di non attendere oltre, e buttarsi a capofitto in questa trama coinvolgente e simpatica, io, dal canto mio, non posso che augurarvi una buona lettura in compagnia di Astremisia e le sue lettere.

Biografia Autrice

Loretta Minnozzi (classe 1973) nasce a Macerata. Una laurea in Economia e l’abilitazione a Consulente del Lavoro la portano a non coltivare le sue passioni ma una domenica d’autunno del 2019, di ritorno da un evento culturale, riapre un cassetto e termina il primo romanzo. Con “La Favorita del Re” riceve il Premio Residenze Gregoriane 2020 nella sezione di “Narrativa Inedita Breve” e arriva finalista al Concorso Letterario Argentario 2020.
A giugno del 2022 pubblica il racconto La Carta d’Identità nell’antologia “Marche d’Autori – i Traguardi” (vol.4°) che raccoglie 100 racconti delle migliori penne d’autori marchigiani.

L’Essere, nel bene e nel male

Dagli albori della storia, o, almeno, da quando si ha memoria, l’universo è dominato da due forze in contrasto tra di loro e che sono all’origine di ogni pensiero che il saggio Marx indicava col nome di “sovrastruttura”, ovvero religione, filosofia e tutto ciò che non apparteneva alla sfera dei bisogni primari, la cosiddetta “struttura”. Lungi dal soffermarci sull’aspetto politico e sociale della vicenda, l’intendo è quello di affrontare un tema dibattuto da secoli su un piano prettamente teoretico. L’argomento dell’indagine qui enunciata è l’eterna lotta tra il bene e il male, tra la luce e l’oscurità, tra il bianco e il nero. Una lotta incessante che richiama varie branche del sapere. Una delle linee teoriche che ha dominato la sfera culturale negli anni antecedenti al Cristianiesimo è il Manicheismo a cui anche Sant’Agostino, prima della sua conversione, ha aderito con particolare entusiasmo. Secondo la dottrina elaborata dal profeta Mani, il mondo si regge su due forze contrapposte, il bene e il male appunto. Il primo incarna la luce e la spiritualità, il secondo le tenebre e la materialità.
Una dualità che domina il mondo e l’anima umana in un eterno conflitto degli opposti, un fuoco che arde e divampa incessantemente richiamando l’eterno divenire eracliteo. Con il Cristianesimo questo dualismo ha raggiunto l’apice. Sulla vetta, al di sopra del creato, c’è Dio, l’eterno bene, l’amore da cui tutto promana (Sant’Agostino), nei meandri più profondi, invece, in quell’abisso oscuro e dannato, c’è Satana, il male assoluto. Nel De Civitate Dei, Agostino parla di due città, la Gerusalemme celeste, il bene, destinata a trionfare, e la Gerusalemme terrena, il male e il peccato, destinata a soccombere. Una dualità che contrasta nettamente  con l’eterna unità che ha governato per secoli la scena filosofica. I neoplatonici, di cui Agostino era un fervente lettore, sostenevano l’unità del divino, questo Uno che era tutto e da cui tutto si diffondeva, generando una gerarchia degli esseri da cui però l’Uno non faceva parte, essendo esso l’essere per eccellenza, l’esistenza all’ennesima potenza, ciò che è e da cui tutto promana. Già Parmenide aveva cercato di dare una definizione di essere, un primo tentativo in chiave metafisica che discostava dalla fisica concreta dei suoi antichi colleghi. Secondo il filosofo greco, l’essere è un eterno presente, fisso e immobile. “L’essere è e non può non essere” sostiene con convinzione. Un essere che travalica nella piatta versione di un eterno fissare, come le anime che descriveva Dante nel suo Paradiso. Una danza e un inno verso Dio, verso la pienezza e bontà d’essere, amore di essere, amore in ogni forma che sfocia in felicità perenne nel semplice osservare estatico della luce, del bene.
Al contrario il male genera sofferenze e dolore, torture e pene infinite, come Paolo e Francesca, travolti da una tempesta eterna per il loro amore lussurioso, ma ben altre pene peggiori sono riservate ai dannati.
Dunque, il bene e il male, sono due forze che, irrimediabilmente, reggono le fondamenta dell’universo e, come due potenti titani, sorreggono sulle loro spalle la volta celeste per impedire che il mondo venga distrutto.
Una sorta di legge divina regolata però dal libero arbitrio, e qui entra in gioco l’uomo e la sua morale.
L’uomo può e deve scegliere se seguire il bene o il male, se ancorarsi al bagliore candido della luce divina o lasciarsi schiacciare dal buio pesto del male. Una scelta non sempre dettata da una lucida, quanto flebile, razionalità umana, ma dettata, spesso, da una natura innata che pervade l’individuo dalla nascita.
Ancora una volta l’uomo è protagonista indiscusso della storia e della filosofia, del suo vivere nel mondo e delle azioni che compie, guidato dall’imperfezione del suo essere, in contrasto con la perfezione assoluta.

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“Il Dio alieno della Bibbia” terrore e tremore della Chiesa – PARTE II

Nel suo testo ” Il Dio Alieno della Bibbia” Mauro Biglino analizza nel dettaglio i versi biblici e riporta, con dovizia di particolari, una traduzione letterale dello scritto, che contrasta fortemente con la traduzione metaforica con cui, invece, nel corso dei secoli e ancora oggi, la Chiesa ha trasmesso la parola divina. Occorre precisare che la Bibbia, ha subito diversi rimaneggiamenti che ne hanno trafugato il reale messaggio. Tuttavia cela ancora diversi misteri che all’occhio dello studioso si sono rivelati alquanto devastanti.
Dunque, cosa ci sta dicendo Biglino?
Una cosa molto semplice.
Egli ci invita a leggere la Bibbia non in senso figurato, bensì in senso letterale. Quello che è scritto è, non bisogna andare a cercare tra le righe dei significati oscuri che con ogni probabilità sono frutto della mente umana, anzi ecclesiastica.
Lui stesso riporta all’interno del libro alcuni versi e li traduce nel loro significato concreto. La cosa che spicca subito all’occhio è la descrizione di Dio, disegnato all’interno del testo biblico, non come un essere etereo privo di un corpo e, nemmeno, come l’Onnipotente creatore del mondo che dispensa amore e premi a coloro che vivono nella virtù. Al contrario, qui, emerge un essere molto concreto, dotato di un corpo (cammina per diversi Km e ha bisogno di mangiare e bere, lo stesso Abramo si preoccupa di preparargli un pasto che lo rifocillasse a dovere e lo invita a riposarsi per riprendersi dalla fatica). Per non parlare poi del suo carattere, quel Dio è un arrogante e un prepotente, che inneggia alla guerra e cerca in ogni modo di sopraffare i suoi rivali.
Quali rivali direte voi? Dio è uno e molteplice, Dio è finito e infinito, è l’alfa e l’omega.
Dio non ha rivali!
Ma nella Genesi casca l’asino!
Perchè Dio parlerebbe al plurale se è l’Uno? Chi lo sa! Forse secoli di platonismo e neoplatonismo hanno contribuito a travisare la situazione.
Comunque, se fosse stato da solo, dice Biglino, non avrebbe avuto motivo di conquistare il suo pezzo del pianeta, anche il più povero per giunta.
Forse era accompagnato da qualcun altro? Altro mistero, si sa soltanto che gli Elohim, questa stirpe a cui apparteneva anche il celebre Yahweh, erano in molti e non uno soltanto e che cacciano l’uomo dell’Eden per paura che, dopo aver preso coscienza di sé stesso, diventi anche immortale ” come noi” c’è scritto letteralmente nella Genesi.
Ma ritorniamo a Dio. Lui non è solo, è accompagnato sempre dai suoi angeli, tra l’altro spietati come lui. Anch’essi, leggendo il testo, sembrano essere fatti di carne e ossa e camminano a piedi diversi km.
Ma gli angeli non hanno le ali?
Biglino si sofferma poi sugli strumenti usati da Dio.
Pare che egli seguisse il popolo ebraico su una nuvola, che emanasse scie di fuoco che ustionavano chiunque si avvicinasse e che tutti dovevano stare a debita distanza.
Si aggirava forse all’interno di un’astronave? Il suo immenso potere era forse dovuto a qualche attrezzo tecnologico particolare?
Tutto è probabile.
Soffermiamoci infine sul suo nome “Colui che è” scusate, ma sembra una presa per i fondelli.
Biglino elabora la teoria secondo cui, il nostro furbetto Yahweh volesse nascondere la sua identità ai suoi nemici, e dunque, non fidandosi della gente che si era scelto, aveva deciso di dare un nome fittizio.
Tutto potrebbe anche essere nel vasto mondo delle possibilità, tuttavia, occorre precisare che ogni teoria ha la pretesa di essere verificata, e purtroppo in questo caso ogni verifica è nulla.
Leggere il testo di Biglino è stata una splendida avventura che mi ha condotto in una spirale di supposizioni che fanno riflettere. Potrei continuare ancora, ci sarebbero molte altre cose da aggiungere, ma dovrei scrivere un libro a parte.
Dunque, vi invito a leggere con  attenzione questo testo affascinante e a trarne le vostre conclusioni.

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