Letteratura

Una “fiabesca” Novella di Natale

Recensione

Una novella che richiama lo spirito fiabesco del natale, popolata da elfi, gnomi, renne e dall’immancabile Santa Clause, il vero motore del natale. La storia mi ha molto divertito, in particolare i monologhi mentali della protagonista, una svogliata ragazza di città costretta a passare il Natale in campagna dalla nonna che non vede da diversi anni. Nel racconto si intersecano storie diverse, ognuna con il proprio filo conduttore, ma alla fine tutte convergono nella grande scia lasciata al suo passaggio dalla magia del Natale.

Trama

Sissy, all’anagrafe Sibilla, è una ragazza di ventidue anni che, come tutte le giovani ragazze di questo secolo, non crede alle favole sul Natale e sogna di passare le feste in giro per locali con le amiche e a fare shopping, spendendo tutti i soldi della tredicesima. Lavora come commessa al centro commerciale e vive nel frastuono di una grande città. Non è abituata al dolce silenzio della campagna, all’atmosfera tranquilla di un paesino tra le montagne imbiancato dalla neve, al mercatino, ai paesaggi mozzafiato e al calore della gente che incontrerà. Parte svogliata, con la convinzione che si annoierà a morte, ma, lungo il tragitto uno strano ed inaspettato contrattempo la porta a prendere una via secondaria, un varco aperto appositamente per lei che la condurrà nel fatato mondo dei boschi. Qui, in preda al panico, farà la conoscenza degli elfi di Babbo Natale, disperati per la sparizione di quest’ultimo in preda alla depressione, che imploreranno il suo aiuto per cominciare le ricerche.
Un aiuto già previsto dall’oracolo elfico.
Sibilla, dapprima incredula, deciderà di imbarcarsi in quest’avventura, a patto però di poter raggiungere la nonna che la stava aspettando da tutto il giorno e così si accordano per iniziare le ricerche il giorno successivo.
Da qui inizia la storia, stravagante, ma molto avvincente.

Personaggi

Sibilla è una ragazza cinica, crescendo ha perso quell’ingenuità fanciullesca che la caratterizzava da bambina e anche l’affetto per la nonna era scemato nel corso del tempo. Tuttavia l’amore che provava per lei riaffiora più forte e deciso nel corso della trama, fino all’espressione di un desiderio che toccherà il cuore.

Nonna Mema si sente triste e sola, ma, quando Sibilla compare sulla porta di casa la speranza riaffiora nel suo anziano cuore. Attraverso piccoli gesti e dolci attenzioni riscoprirà il legame con Sibilla, perso quando la nipote aveva dieci anni. La nonna era andata via a causa delle incomprensioni caratteriali con la nuora, ma col tempo aveva compreso che anche lei aveva sbagliato atteggiamento e, dentro di lei, aveva perdonato la madre di Sibilla.

Nicla è una ragazzina tutto pepe triste perché i genitori stanno per divorziare. È molto esuberante e coraggiosa e aiuterà Sissy nella ricerca di Babbo Natale. Il suo scopo è quello di passare dalla Grotta dei Desideri per depositare la sua letterina di Natale e lo farà con l’aiuto della sua nuova amica.

Considerazioni finali

La storia è molto bella, mi ha commosso il finale che vede intensificarsi l’affetto di una nipote negligente per l’anziana nonna che non ha mai smesso di volerle bene e portava nel cuore quella bambina che aveva dovuto lasciare a causa dei problemi tra adulti, problemi che una bimba non era in grado di capire, come la piccola Nicla, triste per la separazione dei genitori. Il lieto fine arriva anche per lei perché Gloria e Gabriele, la mamma e il papà della piccola, alla fine decidono di restare insieme e portare avanti la loro famiglia, nonostante le incomprensioni intercorse negli anni del loro matrimonio. E poi c’è Babbo Natale, intristito dalla piega materialista insita nell’animo dei bambini moderni che nelle loro letterine pretendono giocattoli di ultima generazione senza neanche dire grazie. Ciò lo spinge ad abdicare dal suo ruolo di Santa Clause, fugge con la sua supercar, ma un terribile incidente gli fa perdere la memoria. Per fortuna Noel non è solo, ci sono i suoi fidati elfi, uno gnomo curioso, le renne e anche Sibilla, disposti ad affrontare rocambolesche avventure per salvarlo e salvare anche il Natale.Riusciranno i nostri amici a portare a termine la loro missione? Per scoprirlo leggete questo grazioso volumetto per trascorrere qualche ora di allegria insieme a loro e rivivere la fiabesca aria natalizia che la penna dell’autrice crea con maestria e dolcezza.

Voto: 4 stelle

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After: “Dopo” di lui

Recensione

Finalmente anch’io ho conosciuto il tanto famoso Hardin Scott, le ragazzine ci vanno matte e comprendo che per una tredicenne questa è roba che scotta, ma vi confesso che un pò ha bruciacchiato anche me. Lo so che le sorelle Bronte, tanto citate in questo romanzo, si staranno rivoltando nella tomba, ma, amiche mie, sapete che vi dico, e qui spezzo una lancia a favore della Todd, che Heatcliff non è poi tanto diverso da questo sbarbatello al secondo anno di college, sono entrambi due str…, strani personaggi, inquietanti e tormentati. Certo cambia lo spessore letterario, ma alla fine non spetta a me stabilire cosa è o cosa non è letteratura.  Ma proseguiamo con la recensione.

Trama

Mi verrebbe da dire donna Francisca scansati proprio! E poi telefonare subito a Barbara d’Urso perché qui il trash supera di gran lunga il Grande Fratello vip e Uomini e Donne. Cioè, Gemma Galgani e i suoi pretendenti gli fanno un baffo a questi, altro che Cecilia Rodriguez, Moser e l’armadio, qua si fa sul serio ragazzi, neanche Striscia la notizia potrebbe documentare un simile scempio, forse le Iene, ma non ne sono del tutto certa. Vabbè smettiamola di nominare tutta la Mediaset e continuiamo.
Allora, Tessa  Young e una ragazza al primo anno di università, una ragazza studiosa, diligente e meticolosa. È fidanzata con Noah, un ragazzo di un anno più piccolo che l’anno successivo dovrebbe raggiungerla alla Washington University. Sua madre è molto apprensiva e quando vede che la figlia dividerà la stanza con una giovane ragazza tatuata, scollacciata e truccatissima, vuole subito cambiarle dormitorio, ma Tess, si oppone e già da qui la faccenda puzza. Cioè, questa finalmente si libera dalla sua palla al piede che la costringe a vestirsi come un’adorabile vecchietta da quando è nata e per un momento vede sfumare la possibilità davanti agli occhi. Per fortuna la cosa si risolve chiamando in causa la fiducia di una madre per la figlia super perfetta. La signora finalmente acconsente e tutti tiriamo un sospiro di sollievo, che si intensifica quando la donna, ancora ignara di quello che l’aspetta, se ne  torna a casa e la lascia alla mercè del destino, o, più specificatamente, nelle grinfie di mister “me le scopo tutte io”, Hardin Scott, e compagnia. Come tutti gli universitari se la spassano tra feste, alcol e droga, disertando le lezioni,  tutti tranne Tess, che nonostante il cambiamento nel corso del racconto, conserva la sua passione per lo studio. Ma conosciamo meglio Hardin e Tessa, e questa compagnia di scalmanati che si dimena sul filo del rasoio.

Tessa Young

Theresa, nome completo di Tessa, è lo stereotipo della figlia perfetta. Ha passato gli anni del liceo a studiare e lavorare in vista del college, il suo obiettivo era solo quello di laurearsi e lavorare nell’editoria. Non si preoccupa minimamente dell’amore, è fidanzata con Noah, lo conosce da sempre e sente di amarlo, anzi è convinta di amarlo. Lui gli è stato vicino quando suo padre, alcolizzato, ha abbandonato lei e sua madre. Praticamente un fratello. Hanno programmato matrimonio e figli e sono entrambi casti come due monaci tibetani. Ma l’animo di Tessa non è così puro come sembra, ha un cuore ribelle e rivoluzionario tenuta a bada dalla madre, che le ha programmato, praticamente, tutta la vita.

Hardin Scott

Non so come definire questo ragazzo. È una figura inquietante, dallo sguardo torvo e dal carattere introverso, più adatto ad un thriller che ad un romance. È maleducato, sboccato, scontroso, lunatico, infantile, insicuro e strafottente. I tatuaggi e i pearcing accentuano il suo aspetto minaccioso e rappresentano la sua corazza contro un passato triste. La sua famiglia è di origini inglesi, anche suo padre era alcolizzato, però poi ha lasciato la moglie, si è trasferito in America e adesso ama Karen, la sua futura moglie, alla follia. Un cambiamento radicale, che fa soffrire Hardin come un matto. Non accetta questo nuovo padre, tra l’altro Rettore della loro università. Ha brutti ricordi sul suo conto e lo odia per avergli rovinato l’infanzia e la madre, ma, grazie a Tessa, riallaccia i rapporti con lui e va anche al suo matrimonio. Hardin è strano, non saprei come definirlo, è spiazzante. Uno stronzo senza paragoni, ma l’animo ferito e l’amore che prova per Tess mi hanno conquistato. È un amore così diverso, che lui reprime costantemente. La cerca sempre, non riesce a stargli lontano, nonostante il suo pessimo carattere affitta anche un appartamento per loro, tuttavia nasconde un segreto, un grande segreto che l’autrice svela solo alla fine della trama. Questo mi è piaciuto, la sorpresa è uno dei punti forti in un romanzo, secondo il mio modesto parere.
Hardin è bellissimo, come tutti i protagonisti dei romanzi d’amore, e i suoi occhi verdi sono caldi e magnetici, catturano tutte le ragazze dell’università e infiammano il cuore di Tess.

Comitiva

Gli altri personaggi della trama, seppur secondari, muovono le fila dello storytelling. C’è Molly, (che poi che cazzo di nome è Molly? Bah!) l’antagonista per eccellenza, scorbutica, prepotente e troia, Steph, la compagna di stanza di Tessa, che cerca di esserle amica, anche se alla fine è sempre fedele alla comitiva, c’è Zed che corteggia Tessa a discapito di Hardin, geloso pazzo di tutti quelli che si avvicinano a lei, e Landon, quel bravo ragazzo, tra l’altro fratellastro di Hardin, che conquisterebbe  chiunque. È dolce, simpatico e, soprattutto, un buon  amico. Landon è il personaggio che ho preferito di più, nascosto nella trama ma così importante nell’evoluzione della storia.

Considerazioni finali

Il libro in sè mi è piaciuto, non dico che mi ha colpito, di certo non lo posso classificare come un romance di alto livello, piuttosto una storiella che mi ha distratto per qualche ora dalla routine. La parte che ho preferito sono i dialoghi, così concitati e intensi, pieni di litigi e parolacce. Le scene erotiche non erano sdolcinate e lente, ma veloci, passionali e sporche, riflettendo lo spirito scostante e intenso di Hardin.
Questo Hardin ragazzi non riesco a decifrarlo, non so come definirlo e mi mette a disagio.
È un tipo a sè.
Voglio vedere il film, disponibile su Netflix,  forse riesco a farmi un’idea chiara su di lui, ma davvero, mi mette una certa ansia sto tipo. È un appassionato di Cime Tempestose, e la cosa gli fa onore per la sua capacità di comprensione del testo. In generale è un appassionato di letteratura, da piccolo adorava “Il grande Gatsby” che però, suo padre, in preda ai fumi dell’alcol, gli ha strappato in faccia.
Ritornando a noi, After significa “dopo”, l’autrice specifica “dopo di lui”  non esiste nient’altro, esiste solo lui. Lo sfondo sfuma e la nebbia si dirada svelando il suo volto. Niente ha più senso, non esiste più né un passato né un futuro dopo di lui, esiste solo lui in un eterno presente, tutto è in funzione di lui, lui è tutto, senza di lui c’è il niente.
Ragazze mie, credo che la maggior parte di noi abbia avuto o ha un “dopo”.
Per quanto riguarda me vi dico solo che il mio “dopo” si chiama… ehehe lo volevate sapere eh?
E voi? Voi ce l’avete un “dopo” di lui?

Voto: 3 stelle

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Un solo grido: “Nap!”

Recensione

Nap, Non avere paura, un mantra da seguire quando il gioco si fa duro e tu sei troppo timoroso per giocare, quando la vita è ingiusta e hai paura persino a respirare, quando i sogni ti si sgretolano tra le mani e tu devi ricominciare da capo. Non è un caso che io mi stia riferendo esattamente a te, a te che leggi e pensi, a te che hai paura del mondo tanto da tirarti indietro prima di iniziare a vivere sul serio. Il “tu” è un qualcosa di estremamente intimo e personale, il “tu” lo rivolgi solo alle persone con cui hai un rapporto, non dico speciale, ma quantomeno confidenziale, ed è proprio questo che fa questa brillante autrice dalla penna ardente, da ai suoi lettori un eroico “tu” attraverso le parole della sua protagonista, permettendo a chi legge di immedesimarsi in quei sentimenti e stati d’animo che reggono le fondamenta della trama. È la prima volta che mi è capitata una scrittura in seconda persona singolare, eppure vi assicuro che di libri ne ho letto parecchi. Questa cosa mi ha  leggermente turbato e a tratti sconvolto, non so spiegarlo, ma alcune volte, quella che stavo leggendo e che parlava nella mia immaginazione non era Jamie, la protagonista, non era l’autrice, non era il libro, ero io, io che provavo le sue stesse paure, pensavo i suoi pensieri, immaginavo i suoi sogni.
È strano, a dir poco stupefacente, ma procediamo con ordine e accenniamo alla trama senza svelare quei dettagli che la rendono avvincente.

Trama

Nap è la storia di un percorso di vita, quella della giovane maestra d’asilo, Jamie, assillata dalle sue paure e da un passato che la tormenta impedendole una vita tranquilla. Si crea una parvenza di perfezione attraverso strane manie, come collezionare oggetti da cucina (servizi da te, caffè, zuppiere e vassoi), disegna divinamente abiti di alta moda che non ha intenzione di mostrare a nessuno e adora il suo milionesimo Hettori Enzo, il pesce rosso che il suo coinquilino e amico David cambia due volte al mese per impedire che lei si accorga della sua morte. Centinaia di pesciolini rossi con una sola identità, un “uno nessuno e centomila” che abita dentro un piccolo acquaio di una appartamentino di Boston. Questa calma apparente però, un giorno, viene mandata praticamente a pezzi dal dolce, sexy, seducente, palestrato e superfigo ex Marines, Logan Welsh, un fusto senza paragoni che la sdradica dalla sua vita piatta e la catapulta in un universo fatto di passione. Jamie impazzisce, perde la testa per questo strafico dal cuore tenero e si invaghisce come una scolaretta. Lui, come è ovvio, è un dongiovanni incallito, strafottente, impiccione e narcisista fino al midollo. Ha un figlio di cinque anni avuto da una che manco conosce, ma si innamora di Jamie come se Dio gli avesse mandato la vergine in persona a redimerlo dai suoi peccati.
È da qui partono scintille, sesso a volontà, pianti, un manicomio per i poveri vicini che si sorbono questi due pazzi e l’amore, che esplode in una caterva di orgasmi senza fine.
Che storia ragazzi, mi ha tenuta incollata fino all’ultima pagina, e quando ero impegnata a fare altro non vedevo l’ora di ritornare a leggerlo, ma mettiamo da parte gli sproloqui e conosciamo meglio loro, Jamie e Logan.

Jamie

Lasciatemelo dire, questa ragazza è davvero esaurita, un po come tutte noi. Jamie non ha avuto un’infanzia facile, sua madre l’ha abbandonata quando aveva sei anni, si è trasferita a New York con l’amante e la figlia di questi, lasciandola con un padre alcolizzato e donnaiolo. L’uomo, preso dalla sua vita e dai suoi problemi, pur volendole bene, l’ha abbandonata e se stessa e, se non fosse stato per i suoi vicini, che l’hanno accudita come meglio potevano, avrebbe fatto una brutta fine. Questi traumi l’hanno segnata al punto da avere paura anche dell’aria, paura che teneva a bada con fogli e colori. Una volta cresciuta si è pagata un corso da educatrice e ha cercato di vivere una vita rispettabile. È una ragazza strana, fissata con l’ordine e con l’oggettistica che ammucchia per colmare il vuoto lasciato dai suoi genitori. Non è stato facile per lei sopravvivere al dolore, ma, in qualche modo ha raggiunto un certo equilibrio, più un equilibrio sopra la follia direi. Sta con James, vecchio professore universitario, con cui ha programmato una vita perfetta quando lui andrà in pensione, colmando, credo, quel bisogno paterno che l’accompagna sin dall’infanzia. Tutto fila liscio fino all’arrivo di Logan. L’amore per lui la ribalta da capo a piedi, il suo sorriso con fossette la manda in tilt, e il suo casto sogno fatto di una casetta con staccionata, figli e un cagnolino che scodinzola per casa, va letteralmente in fumo. Si innamora pazzamente di questo fusto pieno di lividi nell’anima e addio alla sua di anima, che consacra al loro amore.

Logan

Beh che dire di lui?
Che è uno strafico da urlo l’ho già detto? E anche un “porco” come lo definisce Jamie, io aggiungerei “matricolato” così siamo al completo.
Ma Logan non è solo questo, è un ragazzo esuberante, sempre con il suo smagliante sorriso sormontato da due deliziose fossette. È premuroso e gentile, protettivo, romantico, passionale, molto dolce e anche simpatico e intelligente. Ha uno spiccato senso dello humor e si sacrifica per la donna che ama.
Bene amiche mie, l’uomo che tutte sognano, bello come il sole e dannato, un bad boy dallo sguardo profondo e penetrante, con l’aria da bravo ragazzo che farebbe sciogliere l’ormone anche ad una suora defunta.
Appurato che un tipo cosí non esiste e non esisterà mai, sognare non costa nulla, e poi, dopotutto, un bel libro ha anche questo compito, quello di farci sognare. Anche Logan ha avuto un’infanzia difficile, è vissuto in orfanotrofio fino a otto anni e poi è stato adottato. A 18 si è arruolato nell’esercito vivendo gli orrori della guerra ed è stato congedato perché ha rivelato un segreto militare che doveva restare tale. Arrivato a Boston, approfittando della partenza del cugino David, gli ha chiesto in affitto la sua camera nell’appartamento condiviso proprio con Jamie.
Da qui tutto ha inizio.

Considerazioni finali

La trama è davvero coinvolgente, non mancano i colpi di scena che porta la trama dal romance al poliziesco. I due protagonisti sono sempre sul pezzo, tengono alta l’attenzione con i loro dialoghi semplici e diretti, instaurando un rapporto a tu per tu con il lettore. A parte qualche refuso, il linguaggio molto semplice rende la lettura scorrevole e adatta a tutti.
Una cosa che mi è dispiaciuta?
David, il motore centrale della storia, sparisce all’inizio e torna solo alla fine. Avrei voluto sapere qualcosa in più sul suo viaggio, su quel suo ritrovarsi. Magari qualche scena che lo ritraeva nel deserto del Libano con in testa un turbante, non so, un personaggio cosí misterioso e affascinante non può rimanere muto. Per il resto consiglio vivamente la lettura, il testo merita anche per l’ingegnosa novità della 2 persona.
Detto ciò vi auguro una buona lettura, e se ancora non l’avete letto l’unica cosa che posso dirvi è “NAP!”, leggetelo e divertitevi.

Voto: 4 stelle

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L’estate “turbolenta” di Anne

Recensione

Una lettura deliziosa, mi è parso di essere tornata indietro di quindici anni, a quelle bellissime serie anni ’90/2000 che ti tenevano incollati allo schermo una serata intera per guardare la puntata. Quei teen drama dal sapore puramente adolescenziale resteranno per sempre nel mio cuore.
Altro che Netflix, ma procediamo con la recensione.
Trama
La storia è ambientata negli anni ’60, Anne è una ragazza londinese che ha appena perso suo padre, tra l’altro già orfana di madre, e, dunque, raggiunge lo straricco zio James in Florida, che la ospita e la tratta come una figlia, in virtù del profondo affetto che nutriva per la defunta sorella. Qui Anne incontra Charlie, il cugino, Natalie, la figlia della seconda moglie dello zio, e John, il ragazzo che le farà battere il cuore. Un’estate turbolenta per Anne, che fugge dalla sua drammatica realtà e nasconde un grande segreto, che l’autrice svelerà sul finale spiazzando il lettore. Sarò sincera, non me lo aspettavo, anche perché sembrava una normalissima storia d’amore, e invece il tutto si è trasformato in un giallo. La cosa mi ha piacevolmente stupito. La scrittrice è stata molto abile nel rivelare la verità soltanto alla fine della storia senza seminare indizi nel corso della trama; in realtà un indizio c’è, ossia il diario nero di Anne, ma quest’ultimo viene relegato nel dimenticatoio dalle vicende sentimentali dei protagonisti, assumendo un ruolo preminente solo al momento opportuno.
I personaggi principali, oltre ad Anne, sono una compagnia di giovani americani, spensierati ma al tempo stesso afflitti da tutte le problematiche tipiche della gioventù trasposte nel contesto sociale e nell’epoca in cui si trovano a vivere. Così Charlie è pazzamente innamorato della sua sorellastra Natalie, Nat per gli amici. Hanno avuto precedentemente una storia d’amore ma poi si erano lasciati perchè lei lo aveva tradito, o almeno questo è quello che ha creduto il giovane fino a quando non le rivelerà che la ama ancora. John, lo scapolo impenitente della città, perde la testa per Anne, ma lei vuole di più, gli chiede matrimonio e figli, e lui scappa a gambe levate per poi pentirsene subito dopo. Nina, invece, si innamora di un giornalista affascinante e tenebroso, che alla fine cederà alle sue lusinghe.
Ogni singola storia si incastra alla perfezione nel puzzle intricato della trama, dando vita ad uno storytelling originale e molto coinvolgente. I personaggi sono descritti molto bene, così come i panorami mozzafiato che incorniciano gli eventi.

Considerazioni finali

Mi è piaciuta molto questa storia, ho divorato il libro in una manciata di ore e mi ha distratto dalla routine. Lo consiglio vivamente per una lettura di piacere e anche per avventurarsi in un’epoca lontana dalla nostra, ma molto affascinate, quali erano i favolosi anni ’60, messi in evidenza dall’autrice anche dal vestiario dei suoi protagonisti e dal loro modo di pensare e percepire la società.
I loro dialoghi e loro gesti sono baluardi di quel periodo fatto di tacchi alti e vestitini svasati stretti in vita.
Il personaggio che mi è piaciuto di più?
Charlie ovviamente.
Un po troppo protettivo, ma uno strafigo (alto, moro e riccioluto) premuroso e sempre presente, generoso e coraggioso, anche disposto a rimetterci la vita per salvare i suoi cari. Una sorta di cavaliere medioevale senza lancia e cavallo, ma pur sempre un cavaliere. Un po troppo impulsivo forse, ma data la giovane età non c’è da meravigliarsi.
Dunque, vi lascio, consigliando la lettura di questo romanzo, davvero davvero carino!

Voto: 4 stelle

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“Un gentiluomo imperfetto” o quasi

Recensione

Un gentiluomo imperfetto è un romance ambientato nella Roma di fine ottocento. Il suo protagonista principale è Gabriele Saccocci, un libertino impenitente che usa sollazzarsi con le belle dame di sangue blu, anche con quelle maritate. Un giorno però, l’incontro con Giuditta, una fotografa tutto pepe, indipendente e repubblicana, cambia per sempre la sua vita. Si innamora di lei al primo sguardo e decide di cercare la ragazza, di cui non conosceva l’identità, per tutta Roma. La trova nel quartiere ebreo, la ragazza ha infatti origini semitiche, e gestisce con sua nonna una libreria antiquaria.
Galeotto fu lo scrivano della piazza, un vecchietto arguto e furbetto, attraverso cui Gabriele gli fa recapitare una lettera in cui decanta tutto il suo amore per la bella fanciulla. I due giovani si fidanzano ufficialmente e la nonna di Giuditta, sua unica parente, accetta il giovane a patto che rispetti sua nipote fino al giorno del matrimonio. Gabriele accetta, intanto però, confessato al nonno, fedele cristiano e antisemita, i sentimenti per la fanciulla ebrea, lo caccia di casa. Gabriele va a vivere provvisoriamente dall’amico Virgilio, giornalista di stampo liberale che instrada Gabriele alla carriera di giornalista, tanto che, dopo qualche tempo, inizia a lavorare per il giornale L’Avanti. Intanto, la popolazione romana è in delirio a causa della fame e della povertà, dunque, durante un giro in carrozza del Re, in occasione di un evento sportivo nella capitale, un povero disgraziato attenta alla vita del sovrano armato di coltello, subito fermato dalle guardie. Inizia dunque una caccia all’uomo e ai traditori della corona, e, anche attraverso false accuse, portano in galera centinaia di persone innocenti. Roma si ribella al sovrano, cosí come le altre città italiane, e scoppia la rivoluzione.
Cosa accadrà a Gabriele, Giuditta e i loro amici?

Descrizione:
L’autrice descrive i personaggi in modo soddisfacente, è facile immaginare la chioma riccioluta e bionda di Gabriele oppure gli occhi ambra di Giuditta che perlustrano Roma dietro la sua macchina fotografica. Per quanto concerne gli ambienti e i paesaggi, tutto è narrato nei minimi dettagli. Il lettore viene trasportato per le vie di Roma e ci cammina dentro attraverso l’immaginazione. Il testo è, inoltre, ricco di curiosità storiche sulla capitale.
Una chicca è la comparsa di D’Annunzio verso il finale, poco realistico ma comunque divertente.
A livello sintattico invece sono presenti alcuni errori di revisione, che, in alcuni tratti, rendono il testo poco scorrevole. Nel complesso è un libro molto interessante, forse mi sarei aspettata maggiore romanticismo e un tocco di passione in più.
Buona lettura!

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Loretta Minnozzi “a Corte”

Introduzione

Nel centro degli Appennini la vita scorre monotona ma quando giunge a Castel Berarda la lettera della Marchesa Camilla – la prima di una lunga serie dalla corte di Francia – il destino prende una piega diversa per la Contessina Astremisia che la porterà a un ruolo non suo: quello di favorita del Re e del suo seguito, un codazzo di servitori dai titoli altisonanti che ruotano, ogni giorno, attorno al sovrano per assecondare i capricci reali.
Tra rigidi protocolli, decreti urgenti e un decalogo bizzarro, frutto dell’esperienza dell’attempata Marchesa, Astremisia non dorme sogni tranquilli: la sua avvenenza di sole quindici primavere è giunta all’orecchio di Sua Maestà che rischia di destabilizzare le sorti dei due paesi, pur di accoglierla a corte per una ricognizione urgente “de visu et de manu”.
Per la voce autoriale e l’idea portante di una terminologia ricercata e coeva, il romanzo è sui generis e trascina il lettore in un quadro d’epoca che fuoriesce in toto dai calamai dei singoli personaggi.

Recensione

La favorita del Re, ironico e bizzarro, sarcastico fino alla sfumatura più profonda di quell’inchiostro che lo ha generato per mano della sua talentuosa autrice.
Cari lettori, vi anticipo già che la lettura sarà uno spasso, purtroppo troppo breve, ma intenso, come si suol dire. La protagonista del racconto è la giovanissima contessina Astremisia, scelta dal re di Francia come sua favorita, atta ad una ricca attività epistolare con funzionari regi di alto rango, eminenti emissari della chiesa e una voce autorevole che la istruisce nel ruolo che si accinge a ricoprire, ossia l’ex favorita del Re, la nobile Sanzanima. Il tutto colorito da un famigerato decalogo che, la poveretta, in veste di futura favorita, dovrà seguire alla lettera.
La lettura, seppur leggera e piacevole, ritaglia tra le righe la realtà del tempo, impeperita da nobili sotterfugi e potenti ruffiani che aspirano agli alti gradi del potere. Il re, un fantoccio manovrato dal Gabinetto, che prende le decisioni sul regale trono adibito ai bisogni corporali, appare come una marionetta dedita al sollazzo personale, e la sua vita privata viene trattata al pari di un affare di Stato, così come accadeva in quell’epoca di dame e cavalieri. La Minnozzi è stata molto brava, descrivendo quella realtà con un linguaggio ricercato, richiamando quel gergo antico anche a livello filologico. L’autrice, utilizza termini appropriati, che rendono reale un rapporto epistolare frutto della sua penna esperta e conoscitrice accurata delle dinamiche storiche, arricchendo la trama con citazioni letterarie non di poco conto, testimoni di una cultura acquisita e studiata con passione.
Dunque, La favorita del Re, è un romanzo che merita davvero, una lettura da non perdere per arricchire la conoscenza e imparare nuove parole di un’epoca travagliata e affascinante. Per tutti coloro che ancora non hanno letto il romanzo, consiglio di non attendere oltre, e buttarsi a capofitto in questa trama coinvolgente e simpatica, io, dal canto mio, non posso che augurarvi una buona lettura in compagnia di Astremisia e le sue lettere.

Biografia Autrice

Loretta Minnozzi (classe 1973) nasce a Macerata. Una laurea in Economia e l’abilitazione a Consulente del Lavoro la portano a non coltivare le sue passioni ma una domenica d’autunno del 2019, di ritorno da un evento culturale, riapre un cassetto e termina il primo romanzo. Con “La Favorita del Re” riceve il Premio Residenze Gregoriane 2020 nella sezione di “Narrativa Inedita Breve” e arriva finalista al Concorso Letterario Argentario 2020.
A giugno del 2022 pubblica il racconto La Carta d’Identità nell’antologia “Marche d’Autori – i Traguardi” (vol.4°) che raccoglie 100 racconti delle migliori penne d’autori marchigiani.

“Il Dio alieno della Bibbia” terrore e tremore della Chiesa – PARTE II

Nel suo testo ” Il Dio Alieno della Bibbia” Mauro Biglino analizza nel dettaglio i versi biblici e riporta, con dovizia di particolari, una traduzione letterale dello scritto, che contrasta fortemente con la traduzione metaforica con cui, invece, nel corso dei secoli e ancora oggi, la Chiesa ha trasmesso la parola divina. Occorre precisare che la Bibbia, ha subito diversi rimaneggiamenti che ne hanno trafugato il reale messaggio. Tuttavia cela ancora diversi misteri che all’occhio dello studioso si sono rivelati alquanto devastanti.
Dunque, cosa ci sta dicendo Biglino?
Una cosa molto semplice.
Egli ci invita a leggere la Bibbia non in senso figurato, bensì in senso letterale. Quello che è scritto è, non bisogna andare a cercare tra le righe dei significati oscuri che con ogni probabilità sono frutto della mente umana, anzi ecclesiastica.
Lui stesso riporta all’interno del libro alcuni versi e li traduce nel loro significato concreto. La cosa che spicca subito all’occhio è la descrizione di Dio, disegnato all’interno del testo biblico, non come un essere etereo privo di un corpo e, nemmeno, come l’Onnipotente creatore del mondo che dispensa amore e premi a coloro che vivono nella virtù. Al contrario, qui, emerge un essere molto concreto, dotato di un corpo (cammina per diversi Km e ha bisogno di mangiare e bere, lo stesso Abramo si preoccupa di preparargli un pasto che lo rifocillasse a dovere e lo invita a riposarsi per riprendersi dalla fatica). Per non parlare poi del suo carattere, quel Dio è un arrogante e un prepotente, che inneggia alla guerra e cerca in ogni modo di sopraffare i suoi rivali.
Quali rivali direte voi? Dio è uno e molteplice, Dio è finito e infinito, è l’alfa e l’omega.
Dio non ha rivali!
Ma nella Genesi casca l’asino!
Perchè Dio parlerebbe al plurale se è l’Uno? Chi lo sa! Forse secoli di platonismo e neoplatonismo hanno contribuito a travisare la situazione.
Comunque, se fosse stato da solo, dice Biglino, non avrebbe avuto motivo di conquistare il suo pezzo del pianeta, anche il più povero per giunta.
Forse era accompagnato da qualcun altro? Altro mistero, si sa soltanto che gli Elohim, questa stirpe a cui apparteneva anche il celebre Yahweh, erano in molti e non uno soltanto e che cacciano l’uomo dell’Eden per paura che, dopo aver preso coscienza di sé stesso, diventi anche immortale ” come noi” c’è scritto letteralmente nella Genesi.
Ma ritorniamo a Dio. Lui non è solo, è accompagnato sempre dai suoi angeli, tra l’altro spietati come lui. Anch’essi, leggendo il testo, sembrano essere fatti di carne e ossa e camminano a piedi diversi km.
Ma gli angeli non hanno le ali?
Biglino si sofferma poi sugli strumenti usati da Dio.
Pare che egli seguisse il popolo ebraico su una nuvola, che emanasse scie di fuoco che ustionavano chiunque si avvicinasse e che tutti dovevano stare a debita distanza.
Si aggirava forse all’interno di un’astronave? Il suo immenso potere era forse dovuto a qualche attrezzo tecnologico particolare?
Tutto è probabile.
Soffermiamoci infine sul suo nome “Colui che è” scusate, ma sembra una presa per i fondelli.
Biglino elabora la teoria secondo cui, il nostro furbetto Yahweh volesse nascondere la sua identità ai suoi nemici, e dunque, non fidandosi della gente che si era scelto, aveva deciso di dare un nome fittizio.
Tutto potrebbe anche essere nel vasto mondo delle possibilità, tuttavia, occorre precisare che ogni teoria ha la pretesa di essere verificata, e purtroppo in questo caso ogni verifica è nulla.
Leggere il testo di Biglino è stata una splendida avventura che mi ha condotto in una spirale di supposizioni che fanno riflettere. Potrei continuare ancora, ci sarebbero molte altre cose da aggiungere, ma dovrei scrivere un libro a parte.
Dunque, vi invito a leggere con  attenzione questo testo affascinante e a trarne le vostre conclusioni.

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“Il Dio alieno della Bibbia” terrore e tremore della Chiesa – PARTE I


Tra gli scritti più affascinanti della storia, l’Antico Testamento biblico si trova sul podio. Uno scritto enigmatico, ricco di intrighi, passioni, guerre e cataclismi, in cui le fila della trama vengono mosse dal famoso Yahweh, il Dio ebraico, il nostro Dio. La storia di un popolo, il popolo ebraico, attraversata dai secoli, dove incesti, omicidi, tentati omicidi e guerre invadono il tempo, mentre punizioni spietate e Angeli del Signore portano morte e distruzione. Yahweh affascina e spaventa al tempo stesso, è un personaggio misterioso “Colui che è”, criptico, arrogante e crudele.
Non è un caso la celebre frase “L’ira di Dio”, che prende spunto proprio dalle azioni compiute dal nostro Dio.
Una divinità alquanto strana, un condottiero votato alla guerra più che un amorevole padre che dispensa premi e doni.
Su di lui, uno dei testi che più mi ha colpito e che analizza nel dettaglio questo essere dalle doti divine e terribili, è “Il Dio alieno della Bibbia” di Biglino. Badate bene, Biglino non è uno qualunque, ma uno studioso biblico incaricato dalle edizioni Paoline di tradurre la Bibbia; un incarico che ha mollato quando ha iniziato a leggere il testo originale, dichiarando che non poteva continuare un lavoro che si discostava dalla realtà del testo. Leggendo la Torah in lingua originale  egli ha carpito informazioni che portano sgomento e fanno tremare le fondamenta della religione. Un Dio che in realtà non è un Dio, più vicino all’umano che al divino, che faceva uso di strumenti ad alta tecnologia, visti come potenti mezzi di potere da parte dell’umanità che all’epoca popolava la Terra. L’uomo di quel tempo, dal punto di vista industriale e tecnologico, era ancora agli esordi, poco evoluto e ancorato alla manualità, dunque, qualsiasi elemento estraneo a quel mondo veniva considerato divino. Per fare un esempio, se uno di noi potesse viaggiare indietro nel tempo, fino a quella antica era, portando con sè uno smartphone, uno smartwatch o, addirittura, una macchina, ebbene, anch’esso sarebbe considerato una divinità.
Se 20 anni fa mi avessero detto che avrei potuto scrivere pigiando dei pulsantini su uno schermo, avrei riso in faccia ai miei interlocutori. Per me, all’epoca, il pulsante era un oggetto fisico facente parte di un corpo distaccato dalla schermo, non incorporato in esso, e immaginavo che ciò fosse solo fantascienza.
Ebbene, quanto mi sbagliavo!
Questo secondo esempio serve a far comprendere che anche ai nostri giorni, ciò che non si conosce viene considerato impossibile, inesistente o divino e soprannaturale. Ecco perché, questo misterioso personaggio di nome Yahweh riuscì a porsi come leader di un popolo. Pensate un attimo agli strumenti che utilizzava e che ha donato loro, primo fra tutti l’Arca dell’Alleanza. Essa funzionava solo se si indossava il pettorale in dotazione e causava gravi danni fisici se qualcuno decideva di avvicinarsi a quell’aggeggio senza le giuste precauzioni. Pare che Salomone la utilizzasse per comunicare con il Dio, una sorta di ricetrasmittente in legno e oro che non funzionava senza il sussidio del pettorale, forse uno smartphone del passato.
Biglino elabora diverse ipotesi affascinanti a riguardo che analizzerò dettagliatamente nel prossimo articolo.
Intanto… buona lettura!

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Il “Codice da Vinci” tra Arte e Rivelazione

L’autore dei nostri giorni che ho preferito in assoluto è Dan Brown, di lui ho letto quasi tutto e Robert Langdon è diventato un mio caro amico durante i freddi pomeriggi invernali. Sono banale, lo so, ma il libro di Brown che più ho adorato e che rileggo volentieri è il “Codice da Vinci”, con una trama avvincente e un mistero, il mistero dei misteri direi, che si dispiega nella trama attraverso il genio logico del mitico professore, esperto di simbologia e arte.
Ho già detto che l’ho adorato?
L’acume intellettuale di Langdon si ingegna nella risoluzione di un fitto intrigo enigmatico volto alla sensazionale scoperta del Graal.
“La linea della Rosa” attraversa il globo, dall’America alla Francia, dalla Francia all’Italia, dall’Italia all’Inghilterra e infine di nuovo in Francia.
Tutto inizia e tutto finisce al Louvre, il museo dei musei, un angolo d’arte da cui promana il genio artistico per eccellenza. Filosofia su tela, poesia adagiata su pareti di storia.
Il “Codice da Vinci” è sicuramente un romanzo avvincente, ma non è solo questo. Leggendolo si assapora l’enigma in ogni sfumatura di colore impresso su tela, in ogni pietra lavorata a formare una statua, in ogni scritto che cela un mistero nascosto. La rivelazione è la vera protagonista della storia, una rivelazione religiosa ma anche letteraria che sfocia in un finale mozzafiato. La teoria di Brown sul Graal, frutto di numerosi studi, è alquanto intrigante, in chiaro contrasto con la dottrina ecclesiastica.
Non farò alcun accenno alla trama, che tutti conosciamo, dico soltanto che crea nel lettore una curiosità insolita per un tema trattato da secoli, rivisitandolo in chiave rivoluzionaria.
Lo so, mi sono dilungata molto su questo romanzo, ma non potevo non parlarne, non qui sul mio blog.
Altri scritti dell’autore americano che mi sono piaciuti molto sono “Angeli e Demoni”, “Il simbolo perduto”, e “Inferno”, mi ha convinto poco, invece, la sua ultima opera “Origin”, molto incentrata sulla descrizione dell’intelligenza artificiale e poco rivolta al tema predominante dello scritto, ossia “Chi siamo?” e soprattutto ” Da dove veniamo?”, a cui lo scrittore ha dedicato qualche pagina verso la fine. Anche l’estro intellettuale di Langdon qui appare fiacco, quasi stanco dinanzi alla sua amata arte. Nulla a che vedere, dunque, con il “Codice da Vinci” così brillante ed intenso.
Brown resta comunque uno degli autori moderni che ho più apprezzato nel vasto mondo letterario moderno e che vale la pena leggere. Uno scrittore la cui penna trasmette un certo fascino trasportando il lettore nel suo mondo di simboli e storia.

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