Filosofia

L’agenda del sapere: alla scoperta di Socrate

Commento

Cari, Readers, benvenuti in questo secondo appuntamento con “L’agenda del sapere”.

Oggi parleremo, udite udite, di lui.

Rullo di tamburi.

Proprio di lui: Socrate.

Quando pensate a lui immaginate un personaggio eccentrico e sfacciato, un tipo molto intelligente ed estroverso, ma, molto spesso, taciturno e immerso nella meditazione.
Non il classico sapiente devoto alla conoscenza, bensì un uomo nuovo, forse un oltreuomo, perché è lui che fonda le basi, tutte nuove, del filosofare.

Socrate aveva, per così dire, uno strano vizietto: intervistava la gente.

Vi starete chiedendo: ma perché?

Di certo non per farsi i cazzi loro, posso assicurarvelo.

Il suo scopo era la MAIEUTICA.

Tenete a mente questo strano termine perché è un nodo fondamentale della sua filosofia.
La maieutica è pura ricerca della verità mediante la partecipazione attiva del soggetto pensante. L’obiettivo principale è, attraverso il dialogo, rintracciare la vera conoscenza e sputarla fuori; una sorta di parto del sapere che consiste nel raggiungere l’essenza della conoscenza.
Ed è proprio quello che faceva il nostro Socrate.
L’antico saggio interrogava i giovani e li spingeva al ragionamento, permettendo loro, mediante intricate elucubrazioni, di arrivare al vero concetto del pensiero.

Un parto delle menti, una nascita della conoscenza.

Ovviamente questo non andava a genio ai politici del tempo, che lo accusarono di corruzione dei giovani, una condanna, insieme a quella di non credere agli dei, che lo porterà al processo e, infine, alla condanna a morte.

Ma perché gli fu fatta anche questa seconda accusa?

In che senso, Socrate, non credeva agli dei?

Ritorniamo indietro, ad un altro punto cruciale del suo pensiero.
Socrate è famoso per la frase “Conosci te stesso” , massima religiosa iscritta nell’antico tempio di Delfi.
Questo imperativo suggerisce all’uomo di conoscersi, nel senso di conoscere la propria anima, il proprio sé, al fine di elevarlo alla sua vera essenza, permettendogli di rifiorire in una versione più alta, che vada ad edificare l’esistenza dell’individuo.
Per farlo, occorre un lungo lavoro interiore, depennare le conoscenze e le tradizioni acquisite e volgersi al mondo con occhi nuovi e scrutatori, come un fanciullo alla continua scoperta del reale, basandosi sulla umile locuzione IO SO DI NON SAPERE, formula, che, a dire di Socrate, costituisce la chiave della gnoseologia.

La vera conoscenza, dunque, in barba agli empiristi, deriverebbe dall’interno, dall’anima, e non dall’esterno.
L’anima, il sè, quel demone che guidava Socrate nelle sue scelte e a cui Socrate, spesso si appellava.
Ecco spiegata l’accusa.
Questo demone socratico, per cui gli è valsa la vita, altro non era che la voce della coscienza, ma, miei cari lettori,  a quei tempi Freud non era ancora nato.

Come ben sappiamo, Socrate morì nel 399 a.C.

Platone ci ha lasciato un’importante testimonianza scritta in merito all’episodio, ossia l’Apologia di Socrate, che affronteremo nella prossima “Agenda del sapere”.

Detto ciò, spero di aver stimolato, anche solo un pochino, la vostra curiosità. Se così è stato, vi consiglio questa splendida lettura che esamina nel dettaglio Socrate e  il suo affascinante pensiero.
Non mi resta che augurarvi una buona lettura!

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Agli albori del sapere

Voto: 5 stelle

Commento

Cari lettori, questo è il primo volume della lettura dedicata all’Agenda del sapere. Ho scelto questo testo perché è interamente basato sulla testimonianza e sugli scritti dei pensatori che hanno dato origine alla storia della Filosofia.

Prima di tutto voglio precisare che il mio intento non è quello di annoiarvi propinandovi una lezione di filosofia, tuttavia, per quanto concerne questi primi filosofi, essendovi pochi scritti e frammenti, non ho potuto fare una lettura dedicata.
Vi parlerò di loro in generale, sperando di carpire la vostra attenzione.
Allora, immaginate un mondo antico, dove la credenza e la tradizione anticipava il pensiero, dove il mito era considerato saggezza e Omero la forma più alta del sapere. Una realtà nuda e cruda, fatta di lotte per il potere, guerre cruente per accaparrarsi un territorio, dove il divino si mescolava con l’umano, interveniva nelle sue gesta e muoveva le fila della storia. Dei e uomini erano un unico corpo compatto, molte divinità sceglievano un prediletto da guidare e portare alla gloria eterna di cui si sarebbe narrato per intere generazioni.
Achille e Ulisse sono l’esempio per eccellenza, due greci, abili guerrieri e guide sagge dei loro uomini.
L’antica Grecia, culla della sapienza, concentrava dentro di sè arte, bellezza, forza e saggezza, in netto contrasto con il mondo al di fuori dei suoi confini, il mondo dei barbari, una massa di ignoranti e violenti che agognavano il cuore pulsante del logos nascente.

Ebbene miei cari lettori, è in questo contesto che nasce la filosofia Ionica della scuola di Mileto fondata da Talete, il più saggio degli uomini.
Questi primi filosofi sono portentosi, unici nel loro genere e gettano le basi della storia del pensiero occidentale.
Costoro cercavano un principio universale delle cose, un principio, archè, che fosse alla base della realtà. La novità da loro introdotta è che questo archè si trova nel mondo fisico, sensibile, detto in termini filosofici, ossia nella realtà esperita dagli uomini.
Ecco perchè sono detti fisici.
Per Talete la causa di tutto era l’acqua, per Anassimandro l’apeiron, per Anassimene l’aria e per Eraclito il fuoco.
Parmenide propone invece come principio l’essere, ciò che “è” è e non può non essere, anch’esso però visto in chiave fisica e finita, che in termini filosofici significa dotato di limiti, per lui aveva forma sferica. Infine c’è Pitagora che pone all’apice del reale il numero, un qualcosa di più astratto rispetto ai suoi predecessori ma finalizzato alla misura dell’esperibile.

Immaginate questi uomini, la cui tradizione è impregnata di fantasie e chimere, iniziare un nuovo percorso della conoscenza, una cosa mai fatta prima, un prodigio dell’intelletto che, in un primo momento, sgomita smarrito tra le fauci dell’ignoranza.

Ed ecco che nasce la Filosofia, che in greco significa Amore per la sapienza, perché sì, la conoscenza è un atto d’amore che la ragione compie verso se stessa, un salto nel vuoto che conduce alla morte e alla rinascita di una nuova consapevolezza intellettuale e critica.
I pensatori antichi erano realisti e poliedrici, allungavano lo sguardo oltre l’orizzonte e innalzavano la menti sino alla volta celeste, perché il sapere era uno e la sapienza tutta era mero filosofare, elucubrazione estatica dei desti, prescelti e portatori di una conoscenza tanto arcana quanto semplice.

Un sogno ad occhi aperti concretizzato dalla ragione, acerba e matura al contempo per intraprendere la sua indipendenza dal dio olimpico, un rosso sangue divenuto indaco brillante che si spande attraverso l’opera del pensiero nelle menti illuminate di quelli che sono in grado di acquisire il sapere e di tramandarlo in forma di scienza.

Filosofare non è semplicemente pensare, è uno stile di vita, una responsabilità pari a quella divina, un compito da Oltreuomini per dirla con Nietzsche, che nel pieno della follia raggiunge l’apice della saggezza.
Gli ionici hanno dato il via alla grandezza della mente, alla sua supremazia nel mondo. Il logos prende le redini del potere e sconfigge il Mithos, diventa Nous e governa l’universo intero.

Cari lettori, per un approfondimento dettagliato di questi grandi pensatori consiglio la lettura di questo testo ad essi dedicato, augurandovi una buona lettura.

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L’Essere, nel bene e nel male

Dagli albori della storia, o, almeno, da quando si ha memoria, l’universo è dominato da due forze in contrasto tra di loro e che sono all’origine di ogni pensiero che il saggio Marx indicava col nome di “sovrastruttura”, ovvero religione, filosofia e tutto ciò che non apparteneva alla sfera dei bisogni primari, la cosiddetta “struttura”. Lungi dal soffermarci sull’aspetto politico e sociale della vicenda, l’intendo è quello di affrontare un tema dibattuto da secoli su un piano prettamente teoretico. L’argomento dell’indagine qui enunciata è l’eterna lotta tra il bene e il male, tra la luce e l’oscurità, tra il bianco e il nero. Una lotta incessante che richiama varie branche del sapere. Una delle linee teoriche che ha dominato la sfera culturale negli anni antecedenti al Cristianiesimo è il Manicheismo a cui anche Sant’Agostino, prima della sua conversione, ha aderito con particolare entusiasmo. Secondo la dottrina elaborata dal profeta Mani, il mondo si regge su due forze contrapposte, il bene e il male appunto. Il primo incarna la luce e la spiritualità, il secondo le tenebre e la materialità.
Una dualità che domina il mondo e l’anima umana in un eterno conflitto degli opposti, un fuoco che arde e divampa incessantemente richiamando l’eterno divenire eracliteo. Con il Cristianesimo questo dualismo ha raggiunto l’apice. Sulla vetta, al di sopra del creato, c’è Dio, l’eterno bene, l’amore da cui tutto promana (Sant’Agostino), nei meandri più profondi, invece, in quell’abisso oscuro e dannato, c’è Satana, il male assoluto. Nel De Civitate Dei, Agostino parla di due città, la Gerusalemme celeste, il bene, destinata a trionfare, e la Gerusalemme terrena, il male e il peccato, destinata a soccombere. Una dualità che contrasta nettamente  con l’eterna unità che ha governato per secoli la scena filosofica. I neoplatonici, di cui Agostino era un fervente lettore, sostenevano l’unità del divino, questo Uno che era tutto e da cui tutto si diffondeva, generando una gerarchia degli esseri da cui però l’Uno non faceva parte, essendo esso l’essere per eccellenza, l’esistenza all’ennesima potenza, ciò che è e da cui tutto promana. Già Parmenide aveva cercato di dare una definizione di essere, un primo tentativo in chiave metafisica che discostava dalla fisica concreta dei suoi antichi colleghi. Secondo il filosofo greco, l’essere è un eterno presente, fisso e immobile. “L’essere è e non può non essere” sostiene con convinzione. Un essere che travalica nella piatta versione di un eterno fissare, come le anime che descriveva Dante nel suo Paradiso. Una danza e un inno verso Dio, verso la pienezza e bontà d’essere, amore di essere, amore in ogni forma che sfocia in felicità perenne nel semplice osservare estatico della luce, del bene.
Al contrario il male genera sofferenze e dolore, torture e pene infinite, come Paolo e Francesca, travolti da una tempesta eterna per il loro amore lussurioso, ma ben altre pene peggiori sono riservate ai dannati.
Dunque, il bene e il male, sono due forze che, irrimediabilmente, reggono le fondamenta dell’universo e, come due potenti titani, sorreggono sulle loro spalle la volta celeste per impedire che il mondo venga distrutto.
Una sorta di legge divina regolata però dal libero arbitrio, e qui entra in gioco l’uomo e la sua morale.
L’uomo può e deve scegliere se seguire il bene o il male, se ancorarsi al bagliore candido della luce divina o lasciarsi schiacciare dal buio pesto del male. Una scelta non sempre dettata da una lucida, quanto flebile, razionalità umana, ma dettata, spesso, da una natura innata che pervade l’individuo dalla nascita.
Ancora una volta l’uomo è protagonista indiscusso della storia e della filosofia, del suo vivere nel mondo e delle azioni che compie, guidato dall’imperfezione del suo essere, in contrasto con la perfezione assoluta.

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Cos’è Filosofia

Care e Cari Readers, come ho anticipato nella mia presentazione, uno degli argomenti a cui mi dedicherò nel mio blog è la maestosa signora che incarna il sapere in ogni sua sfaccettatura, la leggendaria Filosofia.

Quest’affascinante ammalliatrice illumina la via del saggio e lo sprona alla ricerca incessante. Incentiva la conoscenza e innalza la mente a nuovi orizzonti. La nostra signora vanta origini molto antiche e la sua scia si disperde nella storia. Gli storici fanno coincidere la nascita della filosofia con la fondazione della Scuola Ionica, conosciuta anche come Scuola di Mileto, colonia Greca, da parte dello studioso Talete intorno al VI secolo a.C.
Ma cosa significa il termine Filosofia?
La parola Filosofia deriva dall’unione di due termini di origine greca, ovvero “philein”, che significa amare, e “sophia” che indica la saggezza.
Dunque, con questa magica parola, si suole intendere “Amore per la sapienza”, un amore che si radica in tutte le aree della conoscenza. A livello etimologico, l’utilizzo del termine, è alquanto oscuro. La maggior parte degli studiosi concorda che il termine non abbia avuto origine dai presocratici, bensì sia sorto in epoche più tarde. Occorre precisare che i primi pensatori non erano affatto coscienti di essere filosofi, per loro la Filosofia era una disciplina che sfociava in uno stile di vita volto alla continua ricerca; in particolare, i primi filosofi, come Talete, Anassimando e Anassimene, attuavano i loro studi nel reale, solo successivamente, a partire da Socrate e più approfonditamente con Platone e Aristotele, lo studio tocca argomenti più complessi e meno concreti, come l’anima, Dio e il mondo.
La Filosofia, unica e vera madre delle scienze, al tempo dei presocratici, e durante i diversi secoli che seguirono, si annidava nelle varie branche del sapere.
TUTTO ERA FILOSOFIA.
La matematica, la geometria, la fisica, la medicina, la biologia, l’arte, la scrittura, la pedagogia, la psicologia, la sociologia; in altre parole, tutto il sapere era Filosofia, un concentrato di saggezza per pochi eletti (Eraclito) da scovare con attenzione e arguzia d’ingegno (Socrate).
Dunque, il concetto di Filosofia risulta alquanto complesso, e, come una bella donna in abito da sera, seduce la mente umana e la trascina nelle fauci di un mondo crudo e nuovo che lascia poco spazio al mito e all’immaginazione.

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