Storia

Spare. Il triste Minore

Voto: 3 stelle

Recensione

Apriamo il mese di marzo con una biografia su cui tutto il mondo ha puntato i riflettori, Spare Il Minore.

Spare racconta la vita del principe Harry.

Tutto comincia dal giorno che ha cambiato la sua vita: la morte di Diana.

Ebbene, tutti noi abbiamo assistito al suo funerale, abbiamo visto in televisione la folla accalcata attorno al suo feretro, ci siamo commossi guardando i suoi figli, William e Harry, piangere sulla sua bara.

Questo almeno è quello che è apparso sui giornali.

Tuttavia, leggendo Spare, scopriamo una realtà diversa, scopriamo che Hanry non ha versato una lacrima, e non perché non amasse sua madre, ma perché non aveva realizzato la sua morte, autoconvincendosi che Diana si fosse nascosta da qualche parte e che sarebbe presto tornata.

Da questo scritto emerge un volto inedito di Harry, non un ragazzo viziato, dedito alle feste e alla bella vita, ma un bambino ferito, un ragazzo distrutto, che non ha mai superato, e credo mai supererà, il lutto di sua madre.

Ci parla anche di sua nonna, sempre così composta, da sembrare quasi un automa priva di emozioni, di suo nonno, che invece era molto propenso alla spontaneità.

Ci narra di suo padre descrivendolo come un uomo molto freddo, dedito al lavoro, ma che, forse per via dell’educazione che gli è stata inculcata, non riesce a dimostrare il suo affetto per i figli.

Il rapporto con William invece, da quel che appare dalla lettura, è sempre stato molto competitivo, una rivalità che vede i suoi albori già nell’infanzia e culmina, nell’adolescenza.

Considerazioni finali

Bene, cari lettori, Spare è stata una lettura interessante, ci porta all’interno della vita di Hanry, ci racconta diversi aneddoti che l’hanno visto protagonista, molti eventi che abbiamo letto sui giornali vengono narrati dalla prospettiva che l’ha realmente vissuta.

Tuttavia, se siete alla ricerca di scottanti rivelazioni, qui non le troverete, perché questo libro non dice nulla che già non sappiamo.

Due sono le cose che emergono subito all’occhio:

la rivalità di Hanry nei confronti del principe William e il suo odio profondo per i paparazzi.

In particolare, questi ultimi vengono visti come persecutori armati di flash, come assassini che annientano l’identità con uno scatto.

Questo mi è sembrato ingiusto.

Capisco l’insofferenza dei personaggi famosi verso i paparazzi, ma Hanry attribuisce loro persino la responsabilità della morte della madre, un’accusa ingiusta ed esagerata verso delle persone che fanno solo il loro lavoro.

Detto ciò non posso che augurarvi buona lettura.

Dio si è fermato sulla linea Gustav: lo scontro finale

Voto: + 5 stelle

Recensione

Quando il talentuoso autore di questo romanzo, Michael Casetta, mi ha contattato chiedendomi una valutazione del suo libro non sapevo ancora che mi sarei trovata tra le mani un’opera d’arte in prosa. Gentilmente, ho confermato la mia disponibilità, ma per via della lunga fila di letture di cui era stata chiesta la mia attenzione, ho lasciato in stand by questo testo di cui ancora non avevo neanche letto il titolo. L’altro giorno, scorrendo la mail alla ricerca di “Orme”, quella che doveva essere la Lettura Esordienti di gennaio, mi sono imbattuta in questo titolo che, senza un reale motivo, sarà per via della mia nota formazione storico-filosofica, ha catturato all’istante la mia attenzione. Così, seguendo l’intuito, ho messo momentaneamente da parte il libro che avrei dovuto recensire per dedicarmi a questo.

E scelta migliore non potevo fare!

Cari lettori, questo romanzo è un piccolo gioiello da custodire con gelosia nella propria libreria, un testo che oltre alla mia attenzione, meriterebbe quella di voci ben più autorevoli del panorama letterario italiano. Mi domando come ancora non sia enumerato tra i primi posti delle classifiche dei libri più venduti, non solo lo merita, ma gli spetta di diritto per diverse ragioni: l’argomentazione principale del romanzo, l’impostazione della trama, il linguaggio per tutti e per nessuno, la sintassi, la grammatica perfetta, la scrittura stessa, superba, affascinante, effimera e al contempo fissata in eterno mediante quell’inchiostro che ne mostra il contenuto.

Dio si è fermato sulla Linea Gustav è, secondo la mia opinione, un capolavoro della letteratura, struggente e doloroso, osceno, crudele e agghiacciante. Terrorizza e inquieta, un terrore esistenziale che pone il lettore a confrontarsi con sè stesso, con le sue credenze e tradizioni, con la sua storia. La sua funzione catartica, tuttavia, addolcise la lettura, la fa sembrare un’opera di fantasia, un incubo dimenticato al risveglio, un ricordo lontano, sfuocato e deforme. Come un novello Richter, anche Casetta si sveglia di soprassalto e capisce che Dio non è morto realmente, che si era trattato soltanto di un brutto sogno e osserva il sole al tramonto rincuorato, un tramonto che simboleggia la morte, non solo del divino, ma anche dell’uomo. Il pianto di Cristo nella chiesa dinnanzi ai bambini deceduti che chiedono del loro Padre (Discordo del Cristo morto e altri sogni di J.P Richter) muta in un singulto lontano, perso nei meandri di una dimensione surreale. E noi, poveri orfani del Padre Celeste, nell’epoca dell’alta tecnologia, siamo in grado di risollevarci dal dolore con l’aiuto della madre, lei non è morta, lei è viva, la madre Terra e tutto ciò che incarna coesistono nel frutto più alto da essa generato: l’umanità.

Trama

Alle soglie della terza guerra mondiale, il tema trattato in questo romanzo risulta attuale e ricco di senso. Purtroppo il genere umano ha dimenticato troppo presto la sofferenza, la fame, la crudeltà, l’indifferenza e il sangue versato. È bastato il benessere del ventunesimo secolo, votato al consumismo e all’apparenza, a spazzare via la memoria e la dignità umana. Libri come questo, forgiati nella testimonianza, ci fanno ricordare la spietatezza della guerra e tutto l’orrore che ne consegue. Quando si leggono simili parole la memoria, seppur soltanto tramandata, riaffiora violenta e spinge la mente a ragionare, a capire, a indagare come sia possibile, oggi, negli anni della massima civiltà, ricadere in quell’oblio d’ignoranza e scelleratezza.

Ma continuamo con la recensione.

Innanzitutto, per chi non lo sapesse, la Linea Gustav, era una linea di confine che spaccava l’Italia in due, il sud degli Alleati contro il nord di Hitler. Essa era composta da una serie di fortificazioni voluti proprio da Hitler ed eretti nel 1943. In questi anni la guerra volgeva al termine e una nuova speranza si affacciava nell’animo degli italiani, vessati da un lungo periodo di sofferenza. Gli Alleati stavano avendo ragione dei tedeschi e tutto volgeva al meglio, mai nessuno avrebbe pensato che tra quelle fila di soldati, considerati eroi e portatori di salvezza, si nascondesse, in realtà, un gruppo di carnefici votati all’assassinio e all’abuso di qualunque cosa avesse forma umana.

Ed ecco che la denuncia di questo libro prende vita, un racconto triste e amaro, atto a dimostrare come la violenza sia priva di qualsivoglia limite; umano, animale, bestiale, perché quegli esseri non erano uomini, non erano bestie, bensì fiere infernali votate alla distruzione del vivente.

Il romanzo inizia con la scoperta, da parte di un giovane scrittore, di un volume antico nascosto nella soffitta della sua nuova casa. Questo libro, dalla copertina finemente lavorata, seppur vecchio, è totalmente incolume al tempo, sembra addirittura nuovo. Spinto dalla curiosità, lo scrittore agli esordi della sua carriera, lo apre e inizia a leggere una storia, anzi diverse storie, riferite a quei giorni di delirio. Eventi tragici, atti osceni, violenza e terrore scorrono sotto i suoi occhi, sconvolgendo il suo animo. Quel libro parla di quelle che sono passate alla storia come “marocchinate”.

Badate bene, lo scopo del romanzo di Casetta, non è indurre al razzismo, ma parlare di un particolare periodo storico realmente accaduto. Se cercate sul web si trovano varie fonti inerenti all’argomento, studi e testimonianze che riportano tutte le violenze subite dagli italiani in quei mesi di “liberazione”.

Casetta immagina una lotta tra il bene e il male, tra Dio e Satana, ecco cosa scrive: “Chi peggio dei tuoi figli, lasciati al libero arbitrio, può cagionare più dolore di quello che potrei causare io, Signore della luce? Tuonò il Signore del Male” (p. 9). I due eserciti soprannaturali raggiungono l’apice del conflitto proprio sulla linea Gustav, la linea di congiunzione e separazione delle compagini in battaglia. Tuttavia, il vero male, l’esercito schierato dal Signore delle tenebre, non sono i Tedeschi ma i liberatori. Travestito di sfavillante salvezza inganna gli innocenti, il vero e proprio esercito della Luce, figli di Dio violati dall’anima alle ossa. “Dio amareggiato guardava i suoi figli affogare nel sangue, affamati del sangue dei propri fratelli, tormentati da una nube nera che non gli permetteva di alzare lo sguardo al cielo […]. Lucifero […] soddisfatto, stupefatto e invidioso di come quegli esseri siano in grado di insegnare crudeltà anche a lui” (p. 10, 11). Gli artefici di tanto dolore furono i Goumiers, soldati coloniali francesi, che armati di un lungo coltello (la Koumia) seminarano morte, violenza e terrore. Casetta sostiene siano esseri senz’anima, in riferimento alla lotta divina da lui immaginata. La città di Esperia fu la più colpita dalla loro furia omicida e dissanguatrice, ma il primo ad averne prova fu un innocente bambino di nome Pietro, ucciso a colpi di coltello e gettato da un dirupo. Nell’altro mondo, la terra di confine tra il vivente e il non vivente, a Pietro verrà assegnato il compito di testimoniare questi crimini e trascriverli in un volume per mano di Annetta, una bambina abusata sessualmente dai Goumiers; Casetta scrive: ” Per Annetta era stato scritto un altro destino: sarebbe divenuta la rappresentante vivente di Pietro, all’arrivo di San Michele avrebbe accolto e raccolto tutte le sofferenze per tramandarle ai posteri affinché tutti sappiano e nessuno dimentichi il prezzo della libertà pagato dall’uomo” (p. 29). Depredata gran parte dell’Italia meridionale i Goumiers si spingono alle porte di Roma, intenzionati a conquistarla. Ma è proprio sul suolo della città santa che le forze del male perdono la loro potenza, si affievoliscono, e inizia la ripresa della forze celesti. La voce del Papa scatena un miracolo inaspettato e Dio vince una guerra data già per persa: ” Papa Pio XII ammonì gli eserciti combattenti “Chiunque osi levare la mano contro Roma, si macchiarà di matricidio”. Con queste parole gli uomini sembrarono svegliarsi dal torpore che lo aveva attanagliati per tutta la prima metà del XX secolo e volontariamente scelsero la non belligeranza per risparmiare Roma” (p. 50). Ormai, era solo questione di tempo prima che il male soccombesse al bene e il buio fosse riempito dalla luce: “Ormai numericamente inferiori e quasi demotivati si decise il loro ritiro per evitare una completa disfatta delle forze malvagie” (p. 52).

La guerra era terminata, la salvezza era sopraggiunta, questa volta per davvero, perché emanata da Dio e non dagli uomini, figli del peccato e della crudeltà.

Considerazioni finali

“Dio si è fermato sulla linea Gustav” è stata una lettura lacerante, mi ha lasciato dentro una sofferenza non mia, un dolore che nessuno dovrebbe mai provare. Consiglio la lettura di questo meraviglioso romanzo e il suo approfondimento attraverso altre fonti per non dimenticare l’umiliazione, la sofferenza e la dignità di quella nostra gente violata fino alle ossa, sotto la carne, nelle pieghe più profonde dell’anima, dove la coscienza sorge e le emozioni si aggrovigliano intorno ad un’angoscia esistenziale in grado di spegnere l’ego gonfiato che domina il ventunesimo secolo.

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